Intervista a cura di Angela Mingoni
Supporto tecnico Guido
Il 13 settembre a Torino, nella splendida cornice della Reggia di Venarìa Reale, si sono svolti gli MTV Digital Days.
Sul palco si sono esibiti anche i giovanissimi The C.I.P.
Noi li abbiamo intervistati proprio mentre erano in viaggio, in direzione Torino.
Risponde alle nostre domande Michele.
A: Partiamo subito con la classica domanda; chi sono The C.I.P. ma soprattutto The C.I.P. è un acronimo che significa….?
The C.I.P. siamo io, Michele Scheveger, e Simone Cavalli, si tratta quindi di un duo nato in Italia ed esportato all’estero, precisamente in Australia dove vivo io e dove Simone mi sta per raggiungere.
In realtà il nome è stato scelto quasi per scherzo; in studio è nata questa idea di CIP senza il puntato, quindi era un’idea quasi ironica e molto semplice, “da due lire”, cheap come in inglese.
Poi abbiamo deciso di aggiungere il puntato perché ci piaceva visivamente, in realtà non costituisce un acronimo, ci piaceva creare qualcosa di più originale.
A: Che bello, Australia!
M: Certo è molto bella, il viaggio è molto molto lungo ma il posto è splendido.
Anche se sono contento di essere in Italia adesso, soprattutto per gli MTV Digital Days.
A: Quindi, essendo così distanti, come vi coordinate?
M: In realtà facciamo musica elettronica, o meglio pop elettro, quindi riusciamo a coordinarci molto bene e non abbiamo bisogno di provare continuamente. Con la tecnologia di oggi chi fa questo tipo di musica ha molti vantaggi rispetto a chi suona con strumenti reali, anche se pur sempre meravigliosi.
In questo senso siamo favoriti, siamo sempre riusciti a farcela nonostante la distanza, anche a ridosso di date importanti come quella di domani. (13 settembre, ndr)
A: La scelta cade sull’elettro pop, perché? Per le vostre influenze musicali o semplicemente perché vi piaceva il genere?
M: Noi veniamo da scene diverse, siamo cresciuti ascoltando generi completamente diversi, chiaramente nel corso del tempo ti capita di cambiare i gusti, nel senso che c’è stata una vera e propria scelta di gusti.
E poi ovviamente siamo influenzati da gruppi come Capital Cities, Chvrches e Empire of the Sun che tra l’altro sono australiani, e che quindi sono un po’ i portavoce di quello che stiamo facendo adesso.
In italia sono forse i tre che hanno fatto più successo e stiamo cavalcando questa scia nel nostro lavoro.
Questo modo di comporre in zona estera è già da un po’ di tempo che è in voga.
A: E da piccoli, i vostri genitori cosa vi facevano ascoltare?
M:Io personalmente un sacco Sting, i Police ed i Depeche Mode i classici insomma, forse inconsciamente abbiamo riportato un sacco di influenze degli anni ’80 e ’90 nel disco che ricordo è Daydream e potete acquistarlo ovunque online, compreso su ITunes.
A: Infatti adesso ci arriviamo. Il 9 giugno è uscito il vostro album Daydream appunto, e si legge nella biografia che il processo di pre-produzione è stato molto lungo, avevate circa 30 brani.
Quindi cos’ è successo, troppe idee da mettere insieme o è stato difficile scegliere?
M: Diciamo che all’ inizio era molto difficile scegliere.
Siamo entrati in studio a Roma e sotto la supervisione del nostro manager Antonio Filippelli abbiamo deciso di selezionare una serie di brani un po’ più catchy, i più accattivanti, ed abbiamo cercato di fare una selezione in base a sonorità più ottanta o un pochino più tropicali volendo, ma soprattutto pop.
Abbiamo deciso di dare più spazio a questo lato, piuttosto che ai pezzi più sperimentali che avevamo realizzato, sebbene quattro di questi siano comunque all’interno dell’album, giusto per dare una direzione più figa al tutto.
Una volta decisa la strada da intraprendere la scelta dei brani è diventata subito più semplice.
A: Concentriamoci ora su We’ll set the world on fire, primo singolo estratto da Daydream.
Ascoltando il pezzo quello che subito si nota sta nella forte contrapposizione tra titolo e musica.
We’ll set the world on fire significa spaccheremo il mondo per cui a livello di suono ci si aspetta qualcosa di più aggressivo rispetto a ciò che il pezzo è in realtà.
M:Si esatto, in effetti la contrapposizione di cui parli esiste.
Ciò che diciamo non risalta a pieno nel pezzo; cioè sì, “metteremo il mondo a ferro e fuoco” ma in modo quasi non visibile, in realtà la canzone nasce da una sorta di storia d’amore per un modo di vivere soprattutto della gioventù inglese dove io sono cresciuto.
Quindi c’è questo animo, soprattutto nella scena dei teenagers, di sentirsi un fuoco dentro e sentirsi quindi padroni del mondo anche se è solo una questione di sentimenti ed attimi che una persona può vivere e che portano questa stessa persona a sentirsi in cima al mondo.
Il contesto è soft, abbastanza rilassato ma questo era il nostro intento.
A: Ed arriviamo ora a quello che è il motivo principale di questa intervista, ossia gli MTV Digital Days una vetrina pazzesca ma anche una situazione tosta: accontentare un pubblico esigente non è cosa facile.
M: Gli altri gruppi che suoneranno agli MTV Digital Days hanno un aspetto più da dj set, mentre noi abbiamo quel tipo di assetto ma c’è la parte molto più pop che viene fuori. Per cui saremo chiaramente tra gli artisti i più pop e chissà che questa cosa ci valorizzi. Speriamo.
A: Come siete stati scelti?
M: Grazie ad una serie di avvenimenti; prima di tutto siamo stati nominati artisti della settimana su Mtv New Generation e questo probabilmente ha smosso un bel po’ di cose.
E poi abbiamo debuttato con Daydream su ITunes a Luglio e l’album è arrivato in prima posizione nella classifica Musica Elettronica.
Insomma tutto questo ci ha permesso di essere su un palco così importante come quello degli MTV Digital Days.
A: Grazie Michele per la disponibilità ed in bocca al lupo!
M: Crepi!
E voi, cari lettori, godetevi anche il video di We’ll set the world on fire.
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