Siamo stati al concerto di Bianco e Cortex

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Introduzione di Guido

Arriviamo al Tetris come da programma, dove veniamo accolti con calore da Federico e Marco per il concerto di Bianco e CORTEX.
Dopo aver fatto la tessera soci, scambiamo due parole all’esterno con varie persone e, chiacchierando anche con Bianco, ci racconta con entusiasmo del concerto della sera precedente a Torino dove, insieme a CORTEX ed ai Pagliaccio, si sono esibiti.
Ci spiega che la serata era coadiuvata da una buona pubblicità e un buon investimento sulla stampa scritta, insomma al Cap 10100 c’è stato il sold out.
Ma a Trieste è diverso, quando cantano artisti di uno certo spessore non c’è bisogno di pubblicizzare l’evento, la gente arriva perché sa che al Tetris la musica è sempre di qualità.

Entriamo e vediamo già molte persone impazienti, perché non vedono l’ora di sentire suonare ancora una volta l’eroe locale, CORTEX.
Il repertorio è quello che io ed Angela ci siamo abituati a cantare da qualche anno, costellato però da qualche novità per l’occasione. Le canzoni si susseguono veloci e CORTEX come al solito, stupisce per la sua continua evoluzione e ricerca regalandoci un Live sempre diverso.

Arriva il turno di Bianco, che inizia a far scivolare le dita sulla chitarra e una canzone tira l’altra, il pubblico partecipa, canta e conosce a memoria i brani del cantautore Torinese.
Arriva anche il momento di Filo d’erba, di cui una recente performance può essere assaporata sul canale youtube di Sofar Sounds.
Tutti i brani di Guardare per Aria vengono eseguiti con la leggerezza e la professionalità di chi il palco lo conosce bene, di chi ci mette il cuore.

Alla fine riusciamo ad andare nel camerino, complice il buon Cortex, e intervistiamo Alberto Bianco che è molto disponibile e lo tempestiamo di domande per oltre 20 minuti. La sua semplicità è quella di chi il mondo lo conosce bene ed ha il coraggio di sperimentare ogni giorno e di vedere il mondo con gli occhi di un bambino.
Comincia qui l’intervista a Bianco, come al solito ho aggiunto un paio di domande in corsa che quando mai ti ricapita l’occasione di scambiare idee ed impressioni con un musicista di cui apprezzi il lavoro?

Intervista a cura di Angela Mingoni


Angela: Partiamo subito con Sofar Sounds. Questa sera qui al Tetris c’era un bel po’ di gente per te, venuta proprio apposta per il tuo concerto.
Noi che conosciamo bene Sofar e che lo organizziamo, abbiamo ormai capito la differenza sostanziale tra il suonare in quella circostanza e la dimensione invece del club.
Volevamo capire da te, che Sofar l’hai vissuto da protagonista, qual è la differenza tra le due realtà e come hai vissuto tu questa esperienza.

Bianco: Sofar è una figata pazzesca, perché ha la credibilità tale per portare della gente a vedere della bella musica, sì insomma, lo spero! (si riferisce ovviamente a se stesso e ride mentre mi dice questa cosa, ndr).
Con Sofar cambia un po’ tutto anche se relativamente; quando suoni in una situazione come quella c’è la sfida di conquistare chi è lì e che non sa chi si esibirà. Mentre quando suoni in un locale dove è stato annunciato il concerto, un pochino è come se giocassi in casa perché parti dal presupposto invece che ci siano delle persone che più o meno conosco un pochino la tua storia, anche se pure questa cosa è relativa, perché se suoni in un locale come questo, che ha quindi il suo giro devi comunque sempre conquistare. A parte che devi fare bella figura davanti alle persone che hanno acquistato il tuo disco e che quindi un po’ conoscono la tua storia e la tua musica, comunque devi sempre conquistare la gente a prescindere, che ti conoscano o che non ti conoscano.
La cosa che mi è piaciuta molto quando ho fatto Sofar è che si è creato un rapporto con le persone. Quelle che che erano lì, più o meno una quarantina, quasi tutte, davvero, sono tornate quando ho suonato di nuovo a Milano. È una promozione reale. Quando fai promozione su Fb o sui social è sempre promozione superficiale, un conto è cliccare “Mi Piace”, un conto poi è andare ad un concerto, mentre lì instauri un rapporto vero.

 


Questa domanda mi è venuta in mente sentendoti parlare; quanto è complicato far interessare le persone a quello che fai, come riesci dunque a far interessare le persone alla tua musica e il riscontro effettivo che tu hai, tirando le somme?

Bianco: Eh è un casino. Guarda ne parlavamo proprio oggi con Cortex è proprio un casino riuscire ad arrivare veramente alla gente. Dicevamo che la mossa sarebbe mettere un culo come anteprima del video… però è proprio complicato… non saprei come spiegarti.
Diciamo che le vie facili le conoscono tutti; avere un look particolare, un po’ folle, che vada fuori dal coro, per cui attrai. Quindi la gente è più attratta da un fattore estetico, per cui più propensa ad ascoltare quello che fai. Se sei una persona normale è complicato.
Mi sto rendendo conto con quest’ultimo disco che la qualità è cresciuta, perché ho avuto la possibilità di lavorare con delle persone di livello superiore quasi fuori dalla mia portata.
Però vuoi per amicizia, vuoi per culo sono riuscito a lavorare con questa gente e quindi è venuto fuori un bel lavoro e secondo me il bel lavoro magari è lento perché è un processo sempre molto lento, ma piano piano arriva, perché la voce si sparge e se riesci ad emergere qualitativamente, secondo me piano piano….
Davvero, guarda, ho iniziato a pensare a quello che sto per dirti, proprio ieri sera che abbiamo (Bianco, i Pagliaccio e Cortex) suonato a Torino e comunque abbiamo fatto SOLD OUT.
Io a Torino, che è la mia città, ci ho suonato tante volte, però vedere la sala, e non lo dico per presunzione, insomma vedere che quasi tutti cantavano le mie canzoni mi fa render conto che questo disco funziona più degli altri, perché con gli altri non era mai successo e questo secondo me è un buon segnale.
Poi vedere che anche a Trieste, che insomma sta a 500 km di distanza… beccare le persone che conoscono i pezzi è un buon segnale. Poi lo dovresti chiedere a loro come sono arrivati alla mia musica.
Ci sono tante piccole cose, le radio si interessano di più ad una roba bella e i social fanno il loro lavoro su altri fronti. Come ho detto, è molto lento il processo ma penso che possa accadere.
Angela: La gente, ce ne rendiamo conto grazie alla nostra radio, non è davvero pronta per la scena indie.
Fa dannatamente fatica ad aprirsi alle cose nuove e per quanto l’ indie vada di moda è difficile che se ne interessi davvero.
Tu che sei un cantautore indipendente, credi che la gente sia preparata ad ascoltare cose nuove?

Bianco: La gente è molto preparata ad ascoltare della roba indie, ed è molto preparata ad ascoltare il pop, inteso come le cose che passano nei grandi network.
Per quelli come me che fanno una via di mezzo, inconsciamente comunque, perché io faccio le canzoni che faccio e le arrangiamo come piace a noi, però sì siamo effettivamente in quella via di mezzo tra l’indie ed il pop, quindi anche lì essendo anche un po’ fuori dalle etichette, è un po’ difficile perché non rientri interamente nel mondo indie.
Se la gente arriva per caso ad un tuo concerto e fai bella figura quelle persone le hai conquistate e ti seguiranno, quello è poco ma sicuro.
Quindi sì la gente è pronta, se uno si becca una cosa carina e positiva, perché non affezionarsi?

 

Angela: A noi piace molto Corri Corri, il pezzo in collaborazione con Levante. A noi piace molto anche Levante, che tu hai prodotto per il primo disco; ci incuriosiva quindi capire come vi siete incontrati e cosa ha spinto te nel decidere di produrla e aiutarla?

Bianco: Ci conosciamo da anni, Torino poi è un paesino, ci conosciamo non dico tutti, ma quelli che suonano sono in qualche maniera tutti in contatto.
Lei era molto affezionata al suono del mio primo disco e voleva fare un disco come quello e quindi ha chiesto a Dade, che è il Signor INRI insieme a Camonchia e Paolo Pavanello, di produrle il disco e Dade l’ha indirizzata a me dicendole che ero indicato per la stesura dei testi e degli arrangiamenti e quindi abbiamo prodotto il primo album.
Poi quando si è formata la band, mancava un bassista ed io in quel momento ero fermo perché stavo scrivendo il mio disco, quindi sono andato in giro a suonare con lei e poi mi ha chiesto di produrle anche il secondo disco.
E’ stato un bel lavoro con una squadra figa e anche lei ha avuto la possibilità di lavorare con gente molto capace e molto in gamba per cui è venuto fuori un bel lavoro al di là di quello che ho fatto io, tutta la catena è stata figa.

 

Angela: Tornando a parlare di te, oggi prima di presentarci qui, abbiamo letto la tua biografia e ci ha colpito molto questa frase: “ il ragazzo col cuore che pesa più della testa”.
Ci spieghi perché ti descrivi così e ci racconti chi è Bianco come artista?

Bianco: beh artista…. io vi ringrazio… ma è una parola grossa…

Io: Cantautore? Diciamo cantautore?

B: Musicista…

Io: Musicista, va bene, ok!
Bianco: Allora “il cuore che pesa più della testa”… beh… è prima di tutto la frase di un mio pezzo.
Diciamo che mi sono reso conto, grazie anche al percorso che ho fatto con Levante, che quando mi sono trovato a scrivere il mio disco non avevo più quella pressione di dover per forza… in realtà questa pressione non l’ho mai avuta ma quando affronti un disco nuovo, che non è il primo, magari il secondo o il terzo, è facile cadere nel clicet del cercare di fare una cosa un po’ ammiccante dal punto di vista radiofonico perché speri che la tua musica raggiunga più persone possibile, soprattutto questo genere di musica che può avere il supporto delle radio.
Il fatto di aver lavorato con lei e il fatto di avere, anche da un punto di vista economico, anche se è brutto da dire, un minimo di sicurezza in più, mi hanno dato un certo tipo di leggerezza per cui non ho pensato a cosa stessi scrivendo e quindi secondo me è quello….. beh intanto sono contento di lavorare con gente che mi ha capito davvero e che ha colto questa frase, perché è vero, è proprio quello, per questo disco è successo veramente così.
Poi sai, le cose che fai col cuore, senza pensare troppo a cosa succederà a quello che hai scritto, ti permette di fare delle cose davvero autentiche e le persone lo colgono. Lo capiscono.
Angela: Io non sono una musicista per cui faccio questo discorso per un ragionamento mio, un pensiero personale. Insomma, comporre senza pensare troppo credo sia un compito arduo.

Bianco: Eh sì, molto, è stata una congiunzione di cose.
Io ho scritto delle canzoni e poi ho mandato dei provini, dicendo ai ragazzi: “questi sono i primi pezzi, poi ne scriverò altri e magari questi li buttiamo nel cestino” e loro mi hanno risposto di no, che quello era il disco.
Vedi, io ho la fortuna di lavorare con gente che è capace di fare il proprio lavoro. Gente che mi ha detto: “no, fermati qui”.
Anche Riccardo Palavicini che è il produttore artistico del disco, quando ha sentito il provino ha detto che i pezzi dovevano essere quelli, che se volevo continuare a scrivere andava bene ma che per il disco c’era già il giusto equilibrio e quindi ci siamo fermati lì.
Angela: “Guardare per Aria”, è il titolo del tuo nuovo album.
A noi ha dato una sensazione di leggerezza, come di un bambino che si guarda attorno e vede il mondo con occhi spensierati. Insomma, vogliamo capire se ci abbiamo azzeccato.

Bianco: Sì, assolutamente sì.
Questo titolo arriva in coda ad una serie di cose; un po’ da un mio carissimo amico che ha suonato con me da quando è nato il progetto Bianco ma che quest’anno ha dovuto abbandonare il progetto per impegni lavorativi e di famiglia.
Lui è soprannominato “nuvola”, perché è un po’ pazzerello, uno di quelli che arriva tardi agli appuntamenti per capirci… che però ha una ricchezza intellettuale ed una profondità di pensiero che mi ha sempre insegnato tantissimo. Questa è la prima fase per cui, secondo me, questo titolo è figo.
La secondo ragione è che ho conosciuto un bambino di 8 anni, il figlio di una mia amica, che un giorno ha detto: “perché non stiamo zitti e guardiamo le stelle?” Il che, detto da un bimbo di quell’età ti fa pensare che il suo pensiero sia fortissimo ed infatti io ho detto a lui che avrei rubato la sua frase.
Poi ancora, il luogo fisico dove ho scritto il disco; si tratta di un posto dove abito che ha un panorama davvero molto bello, è un punto di vista che non avevo mai avuto perché vedi l’alto: vedi il cielo e vedi le montagne e ti dimentichi di tutta la città che sta sotto.
Di colpo si è allontanato l’orizzonte e poi voi lo capite benissimo perché qui avete il mare.
Hai uno spazio di pensiero molto più ampio rispetto ad avere una casa attaccata all’altra.
Quindi questa serie di fattori insieme, aggiunti al fatto che “guardare per aria” è una parte di testo tratta da Filo d’Erba, mi ha permesso di decidere che fosse veramente un titolo azzeccato.
Cortex: certo che la storia del bambino di 8 anni è proprio forte…

Bianco: Beh, i bambini hanno la capacità di cogliere cose che ci siamo dimenticati e il linguaggio dei bambini è quello giusto ed efficace per scrivere i testi.
Sono i più capaci a descrivere un immagine senza fronzoli.

Angela: Una domanda che facciamo sempre ai musicisti che intervistiamo è questa: come vedi la scena indipendente di adesso, è una moda o andrà avanti?

Bianco: No beh è una cosa che c’è da sempre, semplicemente ci sono dei musicisti indipendenti che sono davvero molto bravi a fare quello che fanno.
E quindi la scena indie esiste e fiorisce ogni anno con artisti nuovi, ma secondo me è sempre stata una moda come no.
Io sono cresciuto a ska e punk rock quelle robe che prima erano indie, che facevano un sacco di gente e che vendevano un sacco di dischi. Ora la scena indipendente si è spostata sul cantautorato che prima quasi non esisteva a parte Moltheni e veramente erano in pochi che emergevano.
Adesso, invece, funziona particolarmente.
Che poi la parola “indie” è sempre da prendere con le pinze perché esistono etichette indipendenti che mettono più pressioni delle Major.
Ho appena avuto l’occasione di lavorare con una di quelle che vengono definite major ma a me hanno detto, (non parlo di un mio disco): “fai pure quello che ti pare e poi quando avete registrato mettiamo in ordine delle cose”. Quando hanno sentito il risultato erano soddisfatti per cui abbiamo masterizzato.
La linea tra indie e major è sempre più sottile, le indie stanno andando a colmare dei buchi che le major stanno lasciando facendo quel percorso di talent scouting che non fanno più le major perché boh…. non loso…

Guido: …. perché lo fa la tv!

Bianco: Beh sì, ma se ci pensi anche la tv sta facendo un ottimo lavoro, anche se è inconcepibile che il talent scouting non lo facciano più i discografici andando ai concerti, ad esempio.

Angela: Rapporto con i social, sei tu che segui i social?

Bianco: Faccio io, certo. Mi sbatto perché mi invitano a seguirli, ma a volte mi dimentico perché ho un sacco di cose da fare, la cosa positiva e negativa è che adesso i musicisti devono fare tutto, dalla grafica, al merchandising, al disco.
La cosa positiva è che impari a fare un sacco di cose, la cosa negativa è che, nel mio caso, alcune robe vengono mediocri.
Nel senso; se ci fosse una persona capace a curarti la grafica… poi io ho avuto la fortuna d avere una carissima amica, Giorgia Mannavola, che ha scattato la foto, per cui la copertina era fatta.
Sarebbe stato molto più complicato se avessi dovuto pensare a tutto, a partire dal disegno.
La nostra chiacchierata con Bianco non è finita qui ma non vi raccontiamo il resto perché in effetti era molto tardi.

Foto: Bombay Photography / elisaminiussi

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