Si parla sempre troppo spesso dell’indie rock italiano. Ma noi che non vogliamo trascurare nessuno, dedichiamo questo spazio ad un produttore Hip Hop.
Facciamo qualche domanda a Gabe Kane, della Kias Kane Records.
Intervista a cura di Angela Mingoni
Benvenuto Gabe!
Dando un’occhiata alle ultime classifiche mi pare di capire che questo è un momento davvero importante per l’hip hop italiano.
Da anni l’indie rock la fa da padrone, ma adesso sembra che la musica stia cambiando.
Kias Kane Records come sta affrontando questa inversione di tendenza? O meglio,questa inversione esiste davvero? Insomma, l’hip hop in Italia era morto o no?
Personalmente credo che l’hip hop in Italia non sia mai morto. Ha avuto una forte esplosione anni fa quando gruppi come i Dogo, solisti come Fabri Fibra,Marracash si sono imposti con forza sulla scena italiana. Ultimamente ascoltando le nuove uscite di artisti come Moreno, Emis Killa, Nesli sento delle sonorità molto contaminate da parti Rock, un’inversione di tendenza rispetto a quello che per anni si è cercato di riprodurre anche in Italia, ossia la New School americana con suoni decisamente più elettronici, ritmi molto serrati e per certi versi anche molto più ricercati. Nelle mie produzioni, a meno di richieste particolari cerco di indirizzarmi verso il filone della nuova scuola americana, sia per piacere personale sia perchè credo che la cosi detta Old School, per quanto sia stata la fondamenta di quello che noi oggi definiamo Hip Hop, sia ormai superata.
Quali sono le principali differenze tra il rap proposto dalle Major e quello che troviamo invece nell’underground? Non limitiamoci alla mera questione di danaro e donne.
Beh, la musica, come tutte le cose e’ passione, continuo studio e anche investimento. La parte economica gioca un ruolo fondamentale che spesso fa la differenza tra un buon prodotto e un prodotto eccellente. La maggior parte dei commenti che leggo sui social circa le nuove uscite del mercato discografico parlano di pezzi “commerciali”.. Io personalmente non ritengo questa cosa come un male nel senso che se la musica è fatta, così come viene intesa dalle Major, come business, allora è normale realizzare un prodotto che possa piacere alla fetta più vasta di pubblico possibile e comunque ho potuto leggere molte interviste di artisti affermati che parlano di una estrema libertà di espressione all’interno delle Major discografiche senza troppi impedimenti o limitazioni ai meri fini commerciali. La musica proposta nell’underground rimane tuttavia la fetta più pura di quello che è l’espressione hip hop italiano. Ho ascoltato prodotti veramente di qualità realizzati negli “home Studio” che vanno per la maggiore adesso. Sto parlando di artisti con limitate possibilità economiche che con un microfono di fascia bassa e una scheda audio nel loro “studiolo” artigianale registrano su basi, magari realizzate quasi per “gioco” dai loro amici che si cimentano nel beat making, dando vita a interi album che non sono poi così distanti dai prodotti proposti dalle Major. Certo è che registrare in uno studio professionale con apparecchiature da centinaia di migliaia di euro, tecnici dedicati all’elaborazione dei suoni e della voce e il controllo della distribuzione, cosi come hanno in mano le Major è tutta un’altra cosa. E’ una battaglia più che ìmpari.
Ma la rivalità tra rapper esiste davvero? Penso alla questione americana tra west cost e east cost.
Non ho mai sentito, parlo degli ultimi anni, negli ambienti italiani “ufficiali” e underground di rivalità cosi accese da diventare pericolose. Ricordo il famoso “dissing” ,cosi chiamato in gergo dove a colpi di rime i vari artisti non si risparmiano nei confronti di qualcun altro, come quello tra Vacca e Fibra durato parecchio tempo sul web, ricordo anche qualche scazzottata all’italiana tra alcuni artisti ma niente di più. In America è diverso… basti pensare ad artisti internazionali diventati ricchi e famosi ma che arrivavano dalla strada, con realtà di droga e crimini alle spalle prima che qualcuno li scoprisse e li facesse diventare quelli che sono. I nomi non sono fondamentali ma i cultori di questo genere capiranno facilmente… E’ normale per certi versi che il salto che va dalla strada a spacciare crack prima e il girare con delle Lamborghini personalizzate dopo, ostentando la ricchezza accumulata, generi qualche nemico… In Italia non siamo a questi livelli esagerati anche perchè il fiume di denaro che gira in America qua non c’e’ purtroppo per i meritevoli artisti che popolano la nostra scena.
Kias Kane Records è un punto di riferimento fondamentale per la scena rap, hip hop, r’n’b. Come lavora la Label e quali sono i criteri nella scelta degli artisti da promuovere?
Io iniziai quindici anni fa, nonostante la mia giovane età (ho 31 anni il prossimo ottobre) nei vari studioli in giro per la città di Genova, o come li chiamano qua, nelle varie “salette”. Nonostante la mia impostazione classica (io sono un violinista e ho studiato al Conservatorio di Genova) sono sempre stato attratto dalla potenza dell’hip hop, le cui musiche impreziosite dalle parole dei vari artisti mi hanno sempre affascinato. E così iniziai anche io a provare a comporre le prime musiche. All’epoca avevo un socio dal quale poi per vari motivi mi divisi, e insieme avevamo creato quella che su Genova è conosciuta come Pk Industry, che ora è un collettivo di artisti veramente validi che hanno collaborato con nomi del calibro di Moreno Donadoni. Noi avevamo preso come un lavoro questa passione e componevamo quotidianamente le varie strumentali per far si che gli artisti della scena genovese potessero dar sfogo al loro talento ed esprimersi, curando tutto, dalla realizzazione del pezzo, alla registrazione dei cantanti e poi alla parte video.
Personalmente ora lavoro da solo, producendo le mie strumentali sia per passione personale sia a richiesta dei vari artisti nei miei studi di Genova, curando sia la parte della produzione fine a se stessa sia la parte di mix e mastering e registrazione dei pezzi. Cerco continuamente di aggiornarmi, sia a livello di sonorità sia per quanto riguarda la parte teorica necessaria alla realizzazione di un pezzo di qualità.
Tu Gabe sei anche beat maker. Dal punto di vista artistico, cosa prevede il tuo futuro?
Ho molta carne al fuoco come si dice… Darò ai tutti i miei fans entro fine anno un intero album di strumentali sulle quali canteranno i migliori mc dell’underground italiano e sono in trattativa con altri nomi molto importanti, un po’ come il lavoro che ha fatto uscire Don Joe con il suo primo album “Ora o Mai più” al cui interno ci sono molti nomi e collaborazioni prestigiose. Inoltre sto lavorando anche al mio album solista nel quale sarò io a cantare su strumentali da me prodotte, tempo permettendo, e spero di poter far uscire entro l’anno anche quello. In ultimo sto lavorando a due pezzi da presentare a un concorso molto prestigioso che per scaramanzia preferisco non rivelare ancora, sperando che possano essere interessanti. Tengo a ringraziare tutti coloro che mi seguono sempre con la pubblicazione dei miei lavori e per la stima che mi dimostrano quotidianamente sui social. “Successo” se di questo si può parlare che non mi aspettavo minimamente se guardo i numeri delle mie pagine e dei miei profili. Per me la musica e’ passione, che io faccio per me, in questo caso sapere che anche gli altri “approvano” quel che realizzo mi riempie di orgoglio e mi spinge a far sempre meglio per me e per loro.
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