Qui e ora con i Tokyo Suicide

119

In occasione dell’uscita del loro nuovo singolo (arricchito da un’importante collaborazione internazionale: leggete per scoprire di chi stiamo parlando), abbiamo colto la palla al balzo per fare qualche domanda i Tokyo Suicide, trio dalle sonorità progressive-rock che dopo aver debuttato qualche tempo fa con “Selfie to die for“, il loro primo album, ritorna quest’estate con “Here and now“.

Benvenuti su Onde Indipendenti, Tokyo Suicide. Siete un quartetto che riesce ad evocare atmosfere sospese tra passato e futuro, in una dialettica riuscita di pop e sperimentazione. Come vi definireste, voi? Chi sono davvero i Tokyo Suicide?

Grazie del benvenuto e della fantastica introduzione! Crediamo che il termine “pop-sperimentale” sia davvero molto appropriato per noi. Nonostante la nostra genesi abbia avuto una matrice assolutamente sperimentale, cosa che si percepisce in “Selfie to die for” – il nostro primo album, nel nuovo disco ci siamo aperti a modi più “pop” di vivere la sperimentazione. Il progetto Tokyo Suicide nasce da un’idea di Sean e Agostino nel 2019. Per tre anni siamo rimasti un duo, anche e soprattutto a causa delle limitazioni subite dagli innumerevoli lockdown che impedivano le occasioni di aggregazione. Ma poi fortunatamente, con l’inizio delle registrazioni del nuovo album, abbiamo avuto modo di accogliere nella formazione (oggi definitiva) prima Nicole Cambi alla voce e subito dopo Giuditta Ara al violoncello.

Partiamo dall’inizio. La vostra storia discografica comincia nel 2020, ma sembra che tutti voi abbiate fatto della buona gavetta, a giudicare dalla matura consapevolezza del vostro approccio artistico. È così?

Sean, che è il più “vecchio” tra noi, ha un passato discografico importante con 4 LP da solista e 5 col suo gruppo storico “Progressivexperience” – oltre a numerosi tour live a livello europeo dal 2006 al 2020. Agostino invece è stato messo dietro una batteria e poi a un pianoforte già all’età di due anni, proseguendo poi con una formazione didattica che recentemente ha virato verso il jazz, collaborando con personaggi del calibro di Christian Meyer. Giuditta è una violoncellista professionista, che vanta numerose collaborazioni ad alti livelli. Nicole è Nicole! Siamo il suo primo progetto importante e possiamo dire con certezza che è una stella che doveva essere solo scoperta, con una timbrica vocale unica e straordinaria.

Quali sono le esperienze che più hanno segnato il vostro percorso artistico?

Veniamo tutti da formazioni musicali diverse anche se convergenti, quindi questo progetto è riuscito a farci esprimere nei nostri modi più spontanei e profondi. Più che evolvere dalle esperienze pregresse, Tokyo Suicide è un modo per noi di generare delle libertà espressive nuove e sfuggire da anteriori schemi o pregiudizi creati con i gruppi precedenti, che per alcuni di noi erano troppo legati a degli stereotipi di genere. Tokyo Suicide, insomma, ci ha reso veramente liberi di esprimerci.

Nel 2020 pubblicate un disco d’esordio al napalm, al quale seguirà un lungo periodo di silenzio. Ora, dopo tre anni, ripartite da “Here and Now”: che significato ha per voi questo brano?

Per quanto riguarda le liriche scritte da Sean, “Here and Now” rappresenta l’intera gamma delle emotività umane e i molti anni di formazione e di attese dedicate alla musica che vengono concentrate in tre minuti di  emozioni e passione. In un mondo estremamente liquido, il “qui e ora” è l’unico modo per poter sentire – non soltanto in senso uditivo.

Derek Sherinian è il nome di lusso che avete coinvolto nella produzione del brano: com’è nata la collaborazione tra voi? Non capita tutti i giorni di lavorare con un musicista del genere…

C’eravamo conosciuti diversi anni fa a un suo concerto, a Milano, dei Planet X. Ci siamo risentiti all’inizio del 2023 grazie ai social network quando il disco era a buon punto. Gli abbiamo mandato il materiale pronto e alcune sessioni di batteria scritte appositamente per lui. È stato tutto molto fluido: Derek è un musicista straordinario, oltre che un artista con la “A” maiuscola ed il flusso delle idee e delle composizioni è stato molto naturale. Ci siamo confrontati spesso sui suoni da usare e sugli assoli, e credo che abbia contribuito a spingerci oltre quelli che credevamo fossero i nostri limiti. È stato fantastico!

Del brano avete realizzato anche un video piuttosto evocativo: vi va di raccontarcelo?

Il videoclip si sviluppa su tre livelli narrativi che rappresentano le tre fasi della vita. Oltre al playback che ci vede suonare il brano, il racconto mostra un personaggio che attraversa in pochi istanti le fasi della sua esistenza, invecchiando e poi morendo in poche sequenze per poi rinascere istantaneamente. Il video è stato un nostro tributo ad un capolavoro del cinema, arte che trova grande rilievo nel nostro immaginario, “2001 – Odissea nello spazio”. Parallelamente a questa trama vedete un altro personaggio che rappresenta tutto l’arco emotivo umano.

C’è un sogno che i Tokyo Suicide nascondono nel cassetto?

Vorremo che la nostra musica e le nostre emozioni arrivassero a più persone possibili.