Marco Fantin, in arte Emmeffe, è un musicista molto attivo tra la Lombardia ed il Piemonte. Membro degli Arcansiel (neoprogressive) prima e più recentemente gli Infrared, nel 2016 ha aperto il concerto milanese dei Jane’s Addiction. Sin dai primi anni di vita, quando ha capito che si divertiva a suonare qualsiasi cosa, ha fatto proprie molteplici esperienze musicali, che gli sono servite per migliorare sia la scrittura che la propensione alla performance live. Osserviamo che nelle suddette band Marco suona due strumenti diversi: per gli Arcansiel suona synth in tre brani dell’album Swimming in the Sand del 2004, per gli Infrared ha contribuito all’Ep omonimo nel 2016 e il primo album Souls nel 2017, componendo le parti per chitarra. È naturale che prima o poi dovesse iniziare la carriera da solista, che segna un primo capitolo con l’album Trust, opera molto “elegante”, basata su un profondo rapporto di fiducia quella del titolo) tra compositore e musica. Già in quest’opera si lascia spazio ad una buona dose di improvvisazione, che spinge Marco ad affidarsi alle sensazioni stesse, capaci di irrompere attraverso la musica, che fa compiere al compositore le scelte sonore giuste.
Proprio tali scelte, nel nuovo Piano Sessions, disponibile sui migliori digital store, diventano più specifiche ed, in un certo senso, più radicali. Il nuovo disco di Emmeffe è integralmente basato sull’improvvisazione: lui, il piano, un desiderio di arte totale, di percepire idee e sensazioni, questi i reali protagonisti dell’opera. Ma forse c’è altro…c’è la storia della musica sperimentale, amata moltissimo da Marco, che integra i suoni ascolti prog (King Crimson, Beatles, Area, Frank Zappa) con l’elettronica di Aphex Twin, Stephan Bodzin e Jon Hopkins.
Ciò che ne esce è musica assoluta. I brani non hanno un vero è proprio titolo, testimonianza chiara che questo musicista intende creare musica pura, che non ha bisogno di immagini o contenuti. Anche il titolo del disco è quasi occasionale: numerose sono le opere con un titolo del genere. Queste scelte sono frutto di una idea precisa, appunto quella della formalità assoluta. Tentativo, da una parte, di infrangere le regole, dall’altra, di partire per un viaggio nel quale non si conosce la destinazione. Piano Sessions è comunque carico di elementi emozionali, affidati esclusivamente al suono, che si svincolano da ritmi e che si affidano esclusivamente a dinamiche e a frasi, ora più lente ora più rapide. La Impro#1 è autunnale, rassegnata, funebre in qualche caso, la Impro#2 sembra sussurrare un segreto che possa essere dirompente, ed è costituita da frasi che alternano varie velocità, citando il jazz e la musica classica. Continuando, la impro#3 è un bozzetto impressionistico, con i colori dei brani pianistici di Debussy, nella impro#5 le acciaccature spingono il brano in varie direzioni, alternando momenti quasi silenziosi, nella impro#6 gli accordi sono dissonanti e sembra aprire squarci di sofferenza, nella impro#8 frammenti di melodia si susseguono in un’atmosfera sospesa.
Forse è poco produttivo ricondurre l’opera ad elementi emozionali, rischieremmo di commettere l’errore di attribuire un contenuto ad un’opera che nasce in primis come opera formale. Emmeffe strizza l’occhio alle composizioni di Ligeti, di Cage, di Varese, e compie un’operazione coraggiosissima, che dovrebbe essere presa d’esempio nel panorama contemporaneo, e che è solo da ascoltare e (non per forza) capire. Opera originale, basata anche su una buona tecnica, Piano Sessions potrebbe aprire nuovi orizzonti anche a chi si sente “ristretto” o “omologato” in tanta musica attuale.
Link streaming Spotify: https://open.spotify.com/album/32dfpYPeoiYTXnwubiNqQ2
Link streaming Bandcamp: https://emmeffe.bandcamp.com/album/piano-sessions
Album: Piano sessions
Artista: Emmeffe
Tracce: 8
Durata: 18 min.
Genere: Ambient, Musica Classica, Chill Out, New Age
Label: Autoproduzione