Non è il mio genere, il genere umano: Willie Peyote repack

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Scritto da Cristina Petronio

 

Non è il mio genere, il genere umano. Lo si intuisce, giusto per usare un eufemismo, da ogni parola scelta per scrivere i testi dei brani che compongono questo repack sui toni rap e hip hop.
Intrise dalla forte volontà di denuncia sociale tipica dello stile underground, le liriche composte da Willie Peyote sono forti e spesso descrivono una modernità e una situazione sociale disagiata.

Utilizza qua e là citazioni letterarie; Il buio oltre la siepe o Baricco e Asimov, ma spesso e volentieri si focalizza sulle generazioni d’oggi, criticandole, accusandole di essere  interessate principalmente ai social network, di ascoltare Justin Bieber, di bere vodka, di giocare a calcio, di fumare.
Questo però comporta un grosso rischio: cadere nel cliché della solita generalizzazione e banalizzazione della società, caratterizzata da inerzia e sprofondata nella sonnolenza.

Ma a prevalere risulta evidente essere il rammarico e la rabbia per quella pochezza emotiva e intellettuale che dilaga e che rischia di diventare la norma in questo Paese, anziché l’eccezione; un chiaro riferimento lo si può trovare in TmVB.
Con il suo ritmo incalzante, tenta di smascherare i paradossi del sistema italiano e pone l’accento sulla nostra cecità, che pare sempre più dilagante.

Molti sono inoltre i riferimenti di attualità riguardo a persone, vedi Fedez, Fabri Fibra o  Pasolini, e varie realtà moderne, come gli hipster, la domenica sportiva, film tipo Ragazze interrotte, strizzando infine l’occhio alla sua città natale, Torino.  

Le basi utilizzate come terreno di sfogo sono accattivanti ma non sono l’elemento rilevante e nemmeno più originale di questo lavoro. L’unica che differisce all’orecchio e spicca nella totalità è la traccia numero sei, intitolata Fresh.

L’attenzione si focalizza solo ed esclusivamente sui testi e sulle rime, ben fatte e dalla metrica assolutamente inattaccabile.
Complessivamente emerge un’ aura negativa e fortemente pessimistica che non sembra poter redimere in nessuna maniera l’essere umano. Le atmosfere sono cupe e la ripetitività delle basi dopo un po’ intorpidisce e omologa i vari brani.

Se il genere umano non è il suo genere, il genere rap  si cuce addosso a Willie Peyote.
Il  rapper nostrano  fa dell’ironia e dello humor nero il suo punto di forza, ma rischia di creare un’atmosfera generale pesante ed a lungo andare sempre meno coinvolgente.

 

Consigliata dal blogger: Fresh

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