A Francesco Pintus noi ormai ci siamo affezionati: dopo averlo scoperto, non siamo più riusciti a liberarci dalla sensazione che seguire le avventure del cantautore di stanza a Padova sarebbe stato il miglior viatico per poter tornare a credere nel cantautorato che insorge.
Sì, perché lo stile di Francesco è indubbiamente particolare, efficace a raccontare la transizione di una generazione che non riesce più a riconoscersi in certi valori e certe forme: c’è, nel nuovo disco di Pintus, uno slancio autorale che non vuole sedersi sui cliché del genere, ma che piuttosto affronta la vita esaltando la messa in discussione di qualsiasi cosa – a partire da sé stesso.
“Inverni” è un disco denso, prodotto magistralmente dalla coppia Grande/Paroletti (Maria Antonietta, Colombre, Galeffi…), che nel giro dei suoi nove brani racconta uno sguardo sulle cose diverso, che non cerca parole al miele per indorare pillole che faticano comunque a scendere: sembra che la tracklist del disco altro non sia che un viatico fatto apposta per digerire condizioni esistenziali, turbamenti emotivi e dolori intercostali che Pintus esorcizza cantando, con quel timbro ben riconoscibile che ne contraddistingue la poetica.
“Argine” è forse la poesia più bella del lavoro, mentre in “Noia” si riflette il dolore silenzioso di un’intera generazione in cerca di sé stessa; “Inverni” (che avevamo già ascoltato nella delicata versione acustica registrata a La Jungla Factory) racconta la visione esistenziale di Francesco nella quale si riconosce chiunque, nella vita, abbia voglia di scacciare il freddo. Poi ci sono i singoli usciti, tra i quali “(per gusti personali) spiccano “Erisimo” e “Fuori Fase”, e una manciata di inediti che vale la pena scoprire.
Insomma, un esordio atteso, che conferma l’idea che le cose belle vadano aspettate, con calma e dedizione. Sempre.