Mini Guida Emotiva a The King of the River di The Blind Catfish

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Scritto da Daniele Verdolini

 

Finalmente torno a scrivervi dopo qualche mese e lo faccio in grande stile, presentandovi il primo lavoro degli emiliani The Blind Catfish: The King Of The River.

Il progetto, si crea nel 2012 con Marco Maretti, Pietro Pivetti e Luca Fragomeni, a cui si aggiungono in seguito Luca Manicardi, Mauro Muzzioli e Elisabetta Sacchetti.
Dopo anni di duro lavoro sono arrivati al primissimo studio album, nel quale i The Blind Catfish prendono il loro genere primario, il blues e lo rivisitano, lo scompongono e lo rielaborano, come in una puntata di Masterchef.
Bando alle ciance, iniziamo!

L’apripista dell’album è Tool: una volta premuto play, questo blues in salsa Belushi vi trascinerà in un bar del Tennessee a bere whiskey, battere i piedi e ascoltare quei tre diavoli che ci danno dentro sul palco.
La seconda traccia si intitola The Ballad Of The Lonely Sick. La dicotomia che si crea è squisita: il testo è un lamento blues purissimo, la musica che lo anima è un rock senza regole, che abbandona più volte la strada maestra a stelle e strisce, per abbandonarsi a riferimenti alla scena britannica.

Si prosegue con la track che dà anche il titolo all’album, The King Of The River: la contaminazione con l’hardrock statunitense è evidente, ma le loro radici sono ancora più evidenti. La dedizione dei tre ragazzi nell’esecuzione del pezzo, fino a “far l’amore” con i loro strumenti rendono questa traccia una delle più sanguigne dell’album.
Quarta canzone, Belong To You. Ci approcciamo per la prima volta ad una ballad. Dolce, ma non smielata. Cinematografica, ma non da clichè.
La tracklist va avanti con la ritmata (ma amara) Red Pants Panda, un altro richiamo al rock inglese, nel quale si racconta l’amore infelice di un panda verso un orso. A volte l’amore non appiana le differenze.
Facciamo il giro di boa con la sesta traccia, Finding Emily: canzone ad alto voltaggio e che strizza l’occhio ai RHCP, molto orecchiabile. Candidata a diventare un singolo, in futuro.

La settima traccia è Lead You: sicuramente la canzone dal sapore
più country. Un po’ dolce, un po’ guascona. Lenta nelle strofe, più vivace nel ritornello. Una chicca dell’album.
L’ottavo brano è Seamonkey. Si rispolvera l’artiglieria pesante per narrare il cuore sanguinante di un uomo, ferito da una donna.

Inizia l’ultima terzina dell’album Late Night With The Cat. Un blues irresistibile, un pezzo che ti fa muovere anche se stai seduto. L’approccio a questa perla dei The Blind Catfish è simile a quella degli Aristogatti quando conoscono gli amici di Romeo e scoprono che anche loro “Voglion fare jazz, HALLELUJAH!”.

Bananapalooza è forse quanto di più concettualmente e musicalmente lontano dal contesto del blues. Ma proprio per questo si può considerare la manipolazione del genere più riuscita, dove il blues non è più elemento principale, ma diventa un sapore che va ad arricchire un genere completamente diverso. Ma a parte queste analisi, è una canzone che spacca, che ti fa venire voglia di riascoltarla altre mille volte per imparare il ritornello. Posso affermare che sia una delle mie canzoni preferite.
P.S: Il richiamo finale ad Under Pressure dei Queen è la ciliegina sulla torta.
L’album chiude con una cover di ottima fattura, trattasi dell’immortale Billy Jean.

The King Of The River è un ottimo album, ma soprattutto un’ottimo punto di partenza per il trio emiliano, che ha tanto da offrire e che non mancherà di sorprendere il suo pubblico nei prossimi anni.

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