Ciao Max. Benvenuto sul nostro sito. “Omaggio al poeta”, il nuovo album di Max Deste. Lo puoi presentare ai nostri lettori? Che intendi per “poetica del cambiamento”?
“Omaggio al poeta” rappresenta l’ultimo capitolo di una trilogia iniziata nel 2018 con “Ok silenzio” e continuata nel 2021 con “Antidoto 21”. Da un punto di vista tematico, l’espressione “La poetica del cambiamento” riassume questi tre lavori. In ognuno racconto infatti la condizione dell’uomo che è caratterizzata proprio dal continuo cambiamento. Non siamo mai gli stessi. Nasciamo, invecchiamo, moriamo. Nel buddhismo, che pratico da anni, si usa l’espressione “impermanenza”, che però mi sembrava poco poetica. Il senso comunque è più o meno lo stesso. Sul piano più generale, poi, metto in scena questa fase storica di trasformazione. Stiamo vivendo, infatti, un nuovo salto evolutivo. Dopo 35 000 anni, l’Homo sapiens sta diventando qualcosa di diverso. Per il momento si usa l’espressione Homo tecnologicus. Gli storici del futuro magari ne useranno un’altra.
Secondo te il post-umano quanto ha cambiato la vita dell’uomo?
Ormai ho vissuto abbastanza per dire che prima dell’avvento nel quotidiano d’internet (1995) e dell’iPhone (2007), si poteva comunque vivere… in questo senso, penso alla figura del poeta come ultimo baluardo dell’umanità. Il giorno in cui un’intelligenza artificiale senziente sarà in grado di provare emozioni e raccontarle poeticamente, significherà che gli uomini si saranno estinti.
Il romanzo “Lasciare andare”. Ci puoi anticipare qualcosa di questo romanzo?
Un ragazzo scrive un diario poetico per combattere la sua solitudine. Racconta le sue sfide, le sue difficoltà. Questo ragazzo, col tempo, diventerà adulto… “Omaggio al poeta”, funge da colonna sonora di questa storia, esprimendo le emozioni provate dal protagonista. Più in generale, rappresenta un omaggio a tutti i poeti che mi hanno ispirato.
Siamo in un mondo al collasso per tanti aspetti. Come reagire a tutto questo?
Storicamente, al termine di un’epoca, prima che ne iniziasse un’altra, l’umanità era confrontata ad una crisi. Per il momento, ne siamo sempre usciti fuori, in un qualche modo. Credo che anche questa volta ne usciremo fuori, tuttavia gli scenari che si prefigurano non sono molto rassicuranti…
Tornando alla tua musica, quale è il tessuto connettivo che unisce le tue canzoni?
In quest’ultimo album, quasi tutte le canzoni le ho composte nell’arco di pochi giorni, al termine della scrittura del romanzo in versi “Lasciare andare”. Poi mi sono preso un paio d’anni per limarle. Quindi sono strettamente collegate sia da un punto di vista tematico, sia da quello musicale.
Come è nata in te la passione per la musica?
Ho sempre ascoltato musica da quando ero bambino. Mia mamma metteva sempre Battisti, mio padre Celentano. Ma la passione è nata con i Pink Floyd, verso i 13 anni: Shine on you crazy diamond, Echoes, Atom heart mother. Lunghe suite musicali che mi proiettavano in un’altra dimensione. Ho iniziato così a suonare la chitarra elettrica, con l’idea di imparare tutti gli assoli di David Gilmour, e anche mettere in musica alcune mie poesie, inizialmente con scarso successo… In seguito gli MTV unplugged mi hanno ispirato l’acquisto di una chitarra acustica. Memorabili gli Alice in Chains, i Stone temple pilots, e ovviamente i Nirvana. Iniziai perciò a studiare i cantautori come Nick Drake, Bob Dylan e Jeff Buckley, per citare i principali, fino ad arrivare al mio più grande amore, i Radiohead, ascoltati per caso la prima volta a Losanna. Era appena uscito “OK computer”. Un capolavoro, a loro ho dedicato il mio primo album da solista, ossia “Ok silenzio”.
Sei dunque anche uno scrittore. Per te quanto è importante fondere le arti?
È un po’ il mio modus operandi. Credo che la contaminazione sia illuminante. La scrittura e la musica sono due medium che incomincio a padroneggiare un po’. Ultimamente cerco di integrare anche la dimensione audiovideo.
Infatti, il video di “Cose che cambiano” è stato fatto usando l’intelligenza artificiale. Cosa puoi dirci a riguardo?
Per combattere il nemico bisogna conoscerlo… scherzi a parte (ma non troppo), sentivo il bisogno di esplorare questa possibilità. Devo essere onesto, non padroneggio ancora tutte le potenzialità in ambito video, e il mio approccio è stato molto intuitivo.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Promuovere quest’ultimo album e più in generale la trilogia “La poetica del cambiamento”, suonando dal vivo sia i pezzi più significativi di questo mio percorso artistico che ha caratterizzato i miei ultimi cinque anni, sia i brani italiani e internazionali di cantautori e di band famose che mi hanno influenzato e che hanno a mio avviso un’importante componente poetica. Mi esibirò sempre nella formula “One man band”, chitarra, voce e percussioni (stonbox), ma sto anche collaborando insieme ad un violoncellista per arricchire il tutto con altre sonorità. Infine, i cantieri aperti sono molti, sia sul fronte narrativo, sia su quello musicale. La creatività è il mio ossigeno!