Intervista ai D!PS che ci presentano l’EP Duemilaequalcosa

235

I D!PS, trio torinese di stampo pop che suonano insieme dai tempi del liceo, hanno pubblicato il loro primo progetto completo, un EP che dopo anni di musica e produzioni, concretizza al meglio il loro concetto di musica. Elettronica, atmosfere sospese tra il rap e l’indie pop e un utilizzo creativo di vocoder e autotune, con dei ritornelli a presa rapida Duemilaequalcosa – questo il nome dell’Ep – racconta ossessioni e inquietudini della generazione social. Un futuro non ben definito, che tuttavia fa già in qualche modo parte del nostro presente. Ecco la nostra intervista.

 

Il vostro EP affronta le tematiche legate alla social-alienazione. Come mai questa scelta sostanzialmente molto definita?

Ci siamo resi conto che oggi non esiste un dibattito critico sui social media. Si passa dall’eremita che vede
nei vari Facebook e associati il male assoluto, al social media addicted che non riesce nemmeno a
immaginarsi un modo sano di viverli. Vediamo tante persone additare i social network come la causa di tutti
i mali, e altrettante persone che accusano di moralismo chi mette semplicemente in luce alcune
problematiche diffuse della vita in rete. Il nostro EP, Duemilaequalcosa, non vuole prendere le
difese né dell’una né dell’altra parte, si limita invece a fotografare quello che vediamo tutti i giorni: il
sondaggio su Instagram per decidere di che colore tingersi i capelli, la condivisione alla cieca della prima
notizia comparsa nel feed e, più in generale, l’influenza negativa che i modelli e stili di vita irreali a cui
siamo sottoposti sui social può avere nella nostra vita.

A che pubblico si rivolge questo EP?

Il nostro progetto a lungo termine è portare questo EP e le sue tematiche nelle scuole, che siano licei, scuole
medie o persino elementari (magari con qualche parolaccia in meno ecco). I nostri testi si rivolgono in
particolare a chi si sente in balia del mondo digitale, esattamente come lo eravamo noi quando ci siamo
entrati la prima volta. C’è da dire inoltre che lo scenario oggi è cambiato profondamente rispetto a quando
noi tre frequentavamo le medie o il primo anno del liceo: oggi è facile che già prima dei dieci anni si inizino
ad utilizzare piattaforme come TikTok, e quando si raggiunge l’adolescenza il rischio è quello di essere
ormai diventati schiavi delle loro dinamiche. Il modo migliore per evitare tutto questo è prevenirlo, e
purtroppo in Italia c’è ancora una visione molto offuscata del mondo digitale: spesso si considerano le due
orette di lezione con il Comandante della Polizia Postale alle medie come un buon modo per educare le
ragazze e i ragazzi ai social media, quando non è così perché in quelle ore ci si occupa di tutt’altro, che, per
carità, è importantissimo, ma non basta. I genitori e gli insegnanti spesso non conoscono molto bene il
contesto social, e, a nostro modo di vedere, su una giovane ragazza o ragazzo possono avere molto più
impatto le parole (e le canzoni) di tre ventenni, rispetto a quelle di un cinquantenne, senza dimenticare che
un laboratorio musicale tenuto da noi può proporre un’alternativa decisamente valida alle ore passate su
Instagram e TikTok: la musica.

Qual è il vostro rapporto con i social?

Sarebbe bello poter dire che noi siamo superiori a tutto questo e che ne siamo usciti molto tempo fa, ma non
è così. È questo il primo messaggio che vogliamo veicolare: nessuno è immune. Tutti siamo periodicamente
vittime del cosiddetto “mindless scrolling”, spesso entriamo in un loop che ci ipnotizza davanti allo
schermo, una storia dopo l’altra, un post dopo l’altro. L’importante è riuscire a uscirne e cercare di non
caderci nuovamente… Ed è lì che arriva la parte difficile. Esiste un’ampia letteratura di minimalisti o
nichilisti digitali che tendono a trovare la soluzione più efficace nel rifiuto parziale o totale delle piattaforme,
ma ad oggi è una strada decisamente rischiosa, specialmente in alcuni contesti, perché tende ad isolarci da
una serie di dinamiche che oggi sono quotidianità, e l’isolamento spesso non è la soluzione migliore.

Parlando di apparenza e approvazione, che ne pensate dei talent show musicali?

Sono sicuramente un fenomeno figlio di questo tempo: come diventare famoso da un giorno all’altro
standosene, fino al giorno prima, comodamente seduti in poltrona o facendo il minimo sforzo? Il problema
non è tanto il talent show in sè, quanto piuttosto la percezione che il pubblico ha dei talent show. Vengono
visti come una bacchetta magica che può portare chiunque dalle stalle alle stelle in brevissimo tempo,
quando in realtà chi riesce davvero a raccogliere i frutti dopo la partecipazione a un talent è chi ha già un’idea chiara del proprio progetto artistico e una direzione ben definita… Insomma, chi si è fatto il mazzo per anni prima di andare alle audizioni di un talent… Non basta cantare le proprie canzoni chiuso in cameretta e poi andare a X Factor o The Voice per diventare un artista affermato. Anzi, quello è il modo migliore per farsi mangiare vivi dall’industria musicale.

Come immaginate un mondo senza social network?

Non lo immaginiamo. I social network sono ormai entrati a far parte delle nostre dinamiche quotidiane, oggi
sarebbe impossibile anche solo pensare di allontanarli del tutto. Piuttosto che cancellare i social, o cancellarsi
dai social, alla base del loro utilizzo dovrebbe esserci una consapevolezza di fondo. Bisogna essere consapevoli di quello che succede online e dei rischi ai quali si va incontro, e comportarsi di conseguenza.