Cos’hanno in comune la cacca del cane, il 5g, la spazzatura ed un bastone nel c**o?

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Cos’hanno in comune la cacca del cane, il 5G, la spazzatura ed un bastone nel c–o? Ce lo spiega Porfirio Rubirosa con il suo nuovo singolo “Il giardino dell’Eden” che tratta proprio questi inusuali argomenti. E lo spiega con la consueta tagliente e provocatoria dialettica che da sempre caratterizza il suo forte potere comunicativo. Il fatto poi che io scriva C–O omettendo la parola culo… ecco l’ho scritto…  beh anche questo è motivo di discussione per il capo dei dadaisti Porfirio che vuole dare uno schiaffo, astrattamente parlando, a chi s’indigna se sente questo tipo di terminologie nel testo di una canzone mentre lo usa senza sdegno nel parlar comune. Ed è questo il punto e la nuova missione dadaista porfiriana. Riportare anche la musica ed il modo di comporre tra la gente e nel normale modo di vivere ed esprimersi, superando tabù che paiono ormai obsoleti ed ipocriti.

Ma torniamo alla domanda iniziale che da titolo a questo articolo. La risposta che Porfirio Rubirosa and his band ci danno con “Il giardino dell’Eden” è semplice: “l’autodistruzione dell’uomo”. La deriva dell’essere umano che ha inizio con l’infanzia. L’indifferenza dell’uomo che se ne frega delle regole, della natura e del prossimo, purchè nessuno lo veda ovviamente. E così tra una cacca non raccolta ed un sacco di rifiuti messo in un cestino pubblico, quest’assenza di educazione si trasmette da genitore a figlio come nel caso dei bambini descritti nel brano, protagonisti di azioni atroci su un povero cagnolino come fossero una comune scherzosa marachella.
Si tocca anche l’argomento dei ripetitori telefonici e dei danni che questi possono provocare. Argomento anche questo per il quale le polemiche sono sempre d’attualità, anche da chi, fotografando il ripetitore, condivide l’immagine sui propri social a volte lamentandosi se il caricamento dell’immagine risulta lento. In buona sostanza, il cantautore veneziano racconta una escalation di più o meno inconsapevole autolesionismo che nell’età adulta trova la propria massima espressione

Tutto questo è l’esempio del decadentismo umano che oggi popola il paradiso terrestre o meglio, “Il giardino dell’Eden”.

Spiega a tal proposito Porfirio Rubirosa:

Nel Giardino dell’Eden era mia intenzione essere disturbante allorquando si raccontano cose che disturbano. Sulla scorta dell’insegnamento di Antonin Artaud e del suo Teatro della Crudeltà, volevo che messaggi ed immagini forti arrivassero con un linguaggio altrettanto forte. Volevo infastidire l’ascoltatore, così come dovrebbero infastidirci tante situazioni deprecabili di questo mondo disgraziato nel quale viviamo. E non mi interessava utilizzare la solita, trita arma dell’ironia, strumento questo ormai talmente abusato da essere divenuto una freccia spuntata, un cannone con le polveri bagnate, ed in fin dei conti, un facile escamotage che gli artisti usano per raccontare con la realtà. Con il sorriso in bocca ed un distacco cialtrone che non sento più di condividere. Non c’è più nulla da ridere. Non c’è più tempo per la spensieratezza”.

Il brano è tratto da Breviario di teologia dadaista (Esibirsi, 2020), album distribuito da Isola Tobia Label che il cantautore veneziano ha realizzato insieme alla sua band composta da Drugo Arcureo, Pastafarian Andyman, IndiAnanas Jones e Krugerpritz e ad altri musicisti di rilievo. Ospite musicale del brano anche Sir Oliver Skardy, frontman degli ormai disciolti della reggae band veneziana Pitura Freska, il quale presta la propria inconfondibile voce per l’introduzione del pezzo.

 

VIDEOCLIP

Il videoclip della canzone Il Giardino dell’Eden, disponibile al link https://youtu.be/gD3xrHT06uA, è stato interamente ideato e girato da Porfirio Rubirosa. Si tratta di un esperimento registico caratterizzato da un unico campo lunghissimo, una particolare inquadratura cinematografica nella quale lo spazio ripreso dalla telecamera è vastissimo. La scelta di questa tecnica, molto utilizzata dal cinema western, ha permesso di dare risalto al parco pubblico cittadino che ha fatto da sfondo alle riprese, grande spazio verde dove tuttavia campeggia un ripetitore e in cui i presenti compiono piccoli gesti di inciviltà. Si ha così una visione complessiva alla scena, pur isolando la figura umana dall’ambiente per fini espressivi.

 

ALBUM

Breviario di teologia dadaista è il quarto album di Porfirio Rubirosa. Si tratta di un concept, una sorta di riscrittura in chiave dadaista della Bibbia, nella quale, attraverso dodici brani, si racconta la storia dell’uomo e del suo progressivo annullamento consumistico. È il diario dell’uomo contemporaneo, delle sue paure, delle sue debolezze, della sua autoindulgenza e, soprattutto, della sua autoassoluzione sbrigativa. Dalla Genesi all’Apocalisse, viene quindi narrato un viaggio biblico di creazione e distruzione che tuttavia si chiude con una speranza di redenzione, da ricercare verosimilmente in un nuovo approccio spiritocentrico. Parallelamente si compie anche un viaggio di scoperta musicale tramite l’utilizzo di strumenti solitamente inusuali come il charango, il sitar, l’harmonium, l’ukulele, la fisarmonica, il violino e di un’intera brass band. Il progetto ha visto peraltro la presenza di oltre trenta musicisti e alcuni ospiti di rilievo come Sir Oliver Skardy, Herman Medrano e il Guru Carana Dasa e Caterina Casasola degli Hare Krishna della comunità Prabhupada ISKCON di Vicenza.

Pur non essendo stato distribuito in digitale, l’album sta ottenendo un successo commerciale senza precedenti per una piccola produzione indipendente. Con un crowdfunding di sole due settimane, infatti, sono state raccolte ben 200 prenotazioni, risultato nient’affatto scontato.
La copia fisica è adesso disponibile all’acquisto su
https://isolatobialabel.com/shop/album/breviario-di-teologia-dadaista-porfirio-rubirosa/