Il Salotto di Malcom: Marco Cignoli

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Finalmente si parla di contaminazione e non di suoni quanto di personalità. Finalmente in questo salotto virtuale le arti si confondono e prendono forme strane, delle volte conformi alle regole, altre volte imprevedibili… Marco Cignoli è un presentatore TV ma poi è divenuto anche pubblicamente un cantautore con un disco tutto sommato “ordinario” come “Coccodrillo bianco”. Ordinario nel suo pop di primo ascolto che però, “video-facendo”, vien fuori molto ma molto altro. Levato di torno il ritornello facile delle forme canoniche come nel singolo di lancio “Invece scrivo canzoni”, questo disco regala sorprese anche liriche, profonde e poco scontate. Insomma è pregno di stimoli su cui riflettere anche se, superficialmente dicendo, abbiamo davanti la radiografia di qualcun altro. Ma sicuro che non ci somiglia da vicino? Levo polvere e biscotti e do modo alla regola dell’arte di cambiare faccia…

Benvenuto nel mio salottino virtuale. Certamente io adoro il rock e non posso nasconderlo. Al pop vedo sempre quell’alone di accondiscendenza per i cliché. Non che il rock non ne abbia ma diciamo che qui la cosa sembra sempre più sfacciata. Tu cosa ne pensi?
Non saprei rispondere con esattezza. Nel mio caso, mi sono limitato a scrivere di me, del mio vissuto, delle mie esperienze. Non so dire se il genere musicale che abbiamo costruito intorno ai miei brani possa trasformarli in dei cliché. Questa è semplicemente la mia storia.

Che poi “Coccodrillo bianco” passa da un modo di fare pop all’altro. C’è quasi di tutto dentro. Segno di irrequietezza o di scarso equilibrio? Oppure segno di voglia di evasione e libertà dai cliché stessi?
Sicuramente è segno di volersi divertire, di seguire l’istinto, di non applicarsi da soli un’etichetta. Sono un cantante “sui generis” e ho approfittato dell’esperienza di questo disco per misurarmi con tante sfaccettature che la musica poteva offrirmi.

E parla di questa copertina: perché la decisione di realizzarla così? Perché questa traslazione dei tre animali? Sembrano troppo uguali uno all’altro… o forse è proprio questo che dovevano significare…
La copertina rappresenta lo stesso coccodrillo ma in tre colori diversi: il rosa è il colore tradizione delle femmine, l’azzurro lo è per i maschi, mentre il bianco nel mezzo rappresenta la neutralità; rappresenta tutti coloro che sono in transito, che sono pronti a “sporcarsi” di nuovi colori. Lo ritengo un gesto di coraggio, di evoluzione, crescita e curiosità. Non per caso questi tre colori sono quelli della bandiera della comunità transgenere.

Parlaci del suono di Marco Cignoli. Come nasce e cosa ha raggiunto?
Quando ho iniziato a lavorare con Daniele e Francesco Saibene, i produttori e arrangiatori del disco, ho chiesto loro di farmi sentire a casa, sia dal punto di vista sonoro che emotivo. Sono cresciuto con la musica pop anni ’80 e ’90 e da lì siamo partiti. Per ogni brano ho dato delle indicazioni legate all’atmosfera sonora, ma per il resto mi sono completamente affidato alla creatività, professionalità e sensibilità dei miei produttori.

Chiudiamo pensando alla diversità. Io penso che sia una parola chiave di questo disco. Perché in fondo non sei uno “normale” ma uno che “scrive canzoni”… alla faccia della vita quotidiana che ha bisogno di incasellare tutto in compartimenti stagni..
Alda Merini scriveva che “Sono nata il 21 a primavera, ma non sapevo che nascere folle, aprire le zolle, potesse scatenar tempesta”. Non per caso, questa poesia è tatuata sulla mia pelle.

Dalla rete pesco “Autunno centrale”, non l’ultimissimo singolo estratto ma quello che preferisco, come video, come intenzione, come ricerca, come pulizia di spirito e di anima. C’è l’io dietro le sbarre del perbenismo e la canzone pop d’autore serve anche come chiave per l’ingranaggio delle gabbie…