Che belle sensazioni di pulito amici di Malcom… panni stesi al sole, biancheria dal profumo di primavera. C’è aria buona e la pentola di raccolto sano sul fuoco. C’è il pane e ci sono poi i presupposti per un futuro importante. Quanta semplicità… tanto come dentro un disco come questo: “Non torno a casa da tre giorni”, disco nuovo per un cantautore importante come Lucio Matricardi. C’è un pensiero che ha un peso per niente da sottovalutare: dunque in questo salottino rock di perdizione alcolica, spolvero e rimetto in scena il frac e qualche buon vino dalla cantina. C’è da pesar bene parole, gesti, opere e… canzoni.
Il mio salottino virtuale sa di rock e di libertà. E sai che questo disco non è da meno? Secondo te è un disco rock?
Che bel pensiero! Mi viene in mente la frase di Bennato che diceva “W le regole e le buone maniere, quelle che non ho mai imparato, forse per colpa del Rock”…mi piace vedere il rock come qualcosa che ci spinge a rimanere noi stessi fuori dalle regole, qualcosa di forte perché non ama il compromesso. È sicuramente un disco di protesta e come tutte le proteste porta prima o poi a sedersi e a vedere cosa rimane di buono dopo la centrifuga. Sono felice che ti dia questa sensazione. Anche se velatamente, i brani di questo disco non vanno di sicuro a braccetto con i compromessi.
Che poi la vita da rocker non deve per forza avere le distorsioni… cosa ne pensi?
È’ un rock che monta attraverso le emozioni, non con la grossezza del suono… anche se è un pò di tempo che con il chitarrista andiamo in giro a vedere tutti i pedalini di distorsione che esistono… forse siamo dei rockettari che ancora non lo sanno! (Risate). Fatto sta che il suono come rottura inizia ad esercitare un certo fascino in noi. Lo stiamo introducendo nei concerti. Fa tabula rasa, crea il silenzio vergine per un pezzo più delicato. Anche in quello che dico sul palco sta cambiando qualcosa. Meno compromessi, meno voglia di piacere, più desiderio di essere vivi dentro un’emozione autentica. Forse il rock ci salverà tutti ancora e ancora…
Un disco cantautorale… ma secondo te non è passata la moda di certe forme espressive?
È difficile fare una valutazione di questa trasformazione. I tempi sono più veloci che mai. Forse oggi la distanza tra un giovanissimo e un uomo di tarda età si è moltiplicata esponenzialmente. All’apparenza. In realtà le esigenze primitive rimangono sempre quelle. A qualsiasi età. Vedo dialogare le generazioni sotto una forma diversa, magari più ironica e meno militante. E’ un pò come se il mercato voglia essere giovane. E questo potrebbe essere un punto a suo vantaggio nel senso della crescita. Peccato che il “giovane” si identifica con generi in voga in altri paesi 20 anni fa, o che sia stato rimosso “il pensiero” sui fatti storici. Normale dopo il crollo assoluto delle ideologie, ma veramente strano se si pensa alla miriade di problematiche sepolte nella società che presto verranno fuori.
Il cantautorato per me è solo il canto del punto di vista di una persona. Perché una parte della realtà viene omessa? È questa la domanda. Non se sia ancora vivo il cantautorato.
Però, in barba alle mode, questo disco starebbe bene in vinile… ci stai pensando?
Me lo dicono tutti! C’è un grande risveglio d’amore per il vinile. Io purtroppo non avendo la magica puntina in casa non ci ho badato molto. E ho sbagliato!!! Sono oggetti fantastici. Lo faremo!
E se è vero che per la prima volta ti sei dedicato ad un disco più prodotto in luogo di una forma sintetica, col senno di poi? Ti è piaciuto e continuerai o tornerai sui tuoi passi?
Da pianista- tastierista mi sono innamorato dei sintetizzatori. Poi delle drum machine… poi di nuovi suoni mai ascoltati. È un pò come se fossi uscito dal pianoforte per vedere che relazione c’era tra le mie emozioni e quei suoni. Una sorta di passaggio da musicista a biologo o osservatore della natura. Molto divertente, molto liberatorio. Perché diminuire le armi con cui possiamo giocare?
Un disco oggi fa politica secondo te?
La fa a prescindere da quello che penso io! (Risate). Il fatto è che la politica sta vivendo uno dei suoi momenti più bassi. Poca energia etica, poche idee, poco contatto col mondo, poca capacità di risolvere i problemi. Quindi dire che un disco fa politica immediatamente uccide il disco! Questo avviene a livello superficiale. Poi ci sono altri due aspetti:
Il primo è che in una ipotetica terra dove la bellezza del sesso è negata, anche togliersi una maglietta e mostrare i seni può essere un gesto politico. La politica è influenzare gli altri? No, la politica è mostrare che in un gesto autentico non c’è niente di male. Oggi per esempio parlare di politica in modo onesto e preciso è quasi come mostrare i seni in una terra dove il sesso è negato. Quindi direi, parliamone, senza troppa tifoseria. L’altro aspetto è quello della politica in senso alto, cioè avere la capacità di “immaginare” una realtà migliore, con meno ingiustizie, con più capacità di integrare e risvegliare l’essere umano. In questo senso ogni disco che implica un risveglio è politico. Ed è ancor più politico se riesce ad “immaginare” e a proporre modi di vivere diversi, più rispettosi della vita degli altri. Un disco che contempla le cose come sono, ci sguazza e le fortifica fa una brutta politica. Un disco che prova ad immaginare o a suggerire nuove possibilità fa una grande politica. Ci sono tanti esempi meravigliosi.
Non so se il mio possa far parte di queste belle cose che ho detto. Magari! Ho scritto un pezzo anni fa che si intitolava “Dinamite rossa”. Ecco, ho un grande amore per la dinamite, perché devi andare lì, nel punto dove esplode, strecciare i fili, allontanarti e pregare che tutto vada per il meglio. Questa è la mia idea di politica. Entrarci dentro. La bomba intelligente, che intelligente proprio non è, è roba da ricchi, non fa per me!
Dalla rete pesco “La manna dal cielo”. Ha una storia importante questa canzone, questo video diretto da Alessandro Negrini, la sua traduzione in spagnolo, la sua scelta… perché questo disco fa politica in senso alto. E oltre certi limiti, ogni cosa è arte…
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