Direi che del pop antico di un paio di generazioni ne avevo proprio voglia e non potevo fermare il tempo… allora ho chiesto a questo disco di farlo, quanto meno nelle sensazioni.
Lui è Leotta e questo che metto in rotazione è “Passeggeri”, un disco di grande nostalgia dentro le trame di grandi classici rintracciabili nella forma, nel mood, nei contorni… quando il digitale sa come colorare la quotidianità, senza farsi futuro stellare e inarrivabile. E questo accadeva negli anni ’80, negli anni ’90… questo accade ancora oggi dentro disco come questo. L’amore poi, non coniugabile soltanto tra sessi opposti. L’amore è la vita ed io, da questo salotto, non posso che innamorarmi ogni volta. Del resto poi possiamo parlare: possiamo puntare il dito sulla moda, sui cliché, sul modo di fare i video, di usare la voce, di non restare ancorati al passato… di tutto possiamo parlare. O forse di tutto possiamo restare in silenzio. Vedete un poco poi…
Come dire, decisamente uno sguardo dentro i grandi classici del passato pop italiano… e inglese oserei azzardare. Non trovi?
Sono cresciuto con la musica pop italiana ma con un orecchio teso verso l’Inghilterra. In fondo penso che anche la musica nostrana abbia avuto influenze inglesi, la musica è contaminazione.
E non a caso mi colpisce anche in tal senso la copertina di questo disco… da dove nasce?
La copertina è stata frutto di una ricerca accurata. Volevo rappresentare qualcosa che suscitasse un viaggio e mi è venuto in mente il cruscotto di un’auto. Siamo passeggeri, facciamo tutti un percorso.
Siamo tutti “passeggeri”… ma secondo te tutti “passiamo” su un percorso allo stesso modo?
Spesso siamo noi a sceglierlo, altre volte è frutto del caso, di una serie di coincidenze. In questo viaggio dovremmo essere più fluidi e elastici, adattandoci ai cambiamenti che la vita a volte ci impone…
Che rapporto hai dunque con il futuro?
Le cose a volte cambiano a una velocità spropositata e chi si ferma è perduto. Ho sempre una visione positiva del futuro, vorrei realizzarmi, crescere artisticamente, fare mille dischi, ma soprattutto non perdere mai l’armonia che sento dentro. Stare bene con te stesso è già una grande Vittoria.
“Londra”: parlando di questo nuovo singolo, quanto pensi sia figlio del tempo che stiamo vivendo?
Il brano Londra è figlio di questa terribile situazione che stiamo vivendo, la distanza che “è una merda” e rende tutto più complicato e la pandemia amplifica le mille paranoie che abbiamo dentro, anche le più insignificanti!
E dalla rete, a proposito di grandi forme conosciute, prendo questo singolo “Londra” che vedo uscire da dentro un diario di scuola fatto di quella passione che non si misura con una semplice poesia. “Londra” è lo scheletro, è il fantasma, è la porta chiusa… è la distanza… “Londra” è il risveglio di quello che avevo di dentro. Punto e a capo.
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