Amici di Malcom mi conviene chiudere le tende e lasciare che entri il buio. Accendo qualche candela e preparo del buon rum invecchiato. E poi lascio anche che il vento entri da qualche fessura e muova piccoli ciondoli che ho appeso al soffitto. Il tutto rigorosamente di legno e di storia. E da queste immagini che ospito Giuseppe Vitale, la voce degli U BIT ma anche e soprattutto cantautore personale e intimo, individuale e – in qualche misura – sociale. Oggi si fa chiamare DEUT e ci regala questo piccolo prezioso contenitore intagliato a mano che custodisce in gran segreto 5 canzoni pulite, piccole, acustiche e digitali. Alla chitarra e alla voce di “A Running Start” si uniscono anche programmazioni per niente invasive. Il tutto pare un dipinto ad acquerello. Un bellissimo inizio del viaggio, un bellissimo sentire che per voi, il buon vecchio Malcom, lascia girare da giorni per cullare i momenti di riflessione… che tutta questa corsa quotidiana, in fondo, non è che serva a molto…

Benvenuto in questo salotto virtuale… ed ecco il punto: musica acustica, musica introspettiva, musica semplice… un pop internazionale di ampi riferimenti folk. Partiamo da qui: riferimenti e ispirazioni?
Grazie! Mi siedo volentieri. Le ispirazioni sono le più disparate, dal folk dell’est all’elettronica, dall hip hop lofi a Nick Drake, dalla progressive italiana anno 70 al jazz nordico. Ascolto tante cose diverse da me. Non credo di creare qualcosa di nuovo, non credo nella novità… Credo nella stratificazione di idee.
Qual è la tua terra DEUT? L’Irlanda… l’America… l’Inghilterra?
Forse sono molto italiano in senso musicale. Anche modicamente sì sente. Quando faccio ascoltare la musica ad anglofoni puri riconoscono le radici sud europee. Non mi piace imitare ma sono sicuro di avere avuto delle ispirazioni nella mia crescita, forse più Inglesi. Non ho idea dove sia la mia terra, retoricamente mi verrebbe da dire ovunque poggio i piedi. O le orecchie.
Che terra vivi ogni giorno? Come ha contaminato questo primo lavoro?
Faccio l’educatore e il disegnatore. Vivo gli ambienti dell’infanzia e della comunicazione visiva e questo influenza molto il mio punto di vista. Mi forma e mi trasforma.
Ho conosciuto da vicino la musica del Moes Anthill… non so se li conosci… loro pensano che questo genere di musica sia anche uno stile di vita. Loro vivono quasi nei boschi, quasi totalmente distanti dal consumismo. I tuoi abiti di scena nel video di lancio ma anche lo scenario in cui l’hai girato… mi riporta molto a quel modo di pensare. Cosa mi dici in merito?
Non li conosco purtroppo, però condivido lo stile di vita. Il video non è poi così costruito, mi somiglia senza troppi manierismi. Ci tenevo rappresentasse la realtà o una sua versione parallela. Con i vestiti che metterei tutti i giorni, nei posti dove non ho paura di andare.
Dagli U BIT a DEUT… la prima grande rivoluzione personale?
DEUT probabilmente è sempre esistito nella mia testa, dovevo solo dargli più voce, più spazio. Forse è cresciuto e si è messo a camminare.
Ma come mai questo nome che richiama il tedesco… da dove nasce?
Può sembrare tedesco, ma sono due parole latine unite. DE e UT, de sarebbe “discorso intorno al” e UT è il do tardo medievale. Il do è come un principio. Discorso sull’inizio? Ma si può pensare anche che non abbia senso, non c’è nessun problema.
Dalla rete pesco questo primo estratto dal titolo “Shadows Of The Night”. Le ombre, come dice Jung, sono nostre e fanno parte di noi. Mi piace questa chiave di lettura per questo primo disco di DEUT, mi piace questo ritorno a se stessi… forse è l’unica ragione buona da dare alla corsa di ogni giorno che Dio manda in terra…
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