Il ritorno della vita e dell’Orchestraccia

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Lo sentite quel rattrappimento agli arti da stop pandemico, quella sana nostalgia di live che – per quanto le misure cautelative stiano allentando le proprie strette – continua a farsi sentire sulle coscienze di tutti (ma sopratutto di alcuni, seduti comodamente su poltrone troppo comode per essere di pochi) alternando momenti di depressione da astinenza a scatti di ira furiosa da “fall-out no-future“; la avvertite quella sensazione di torpore in quiescenza, pronto ad esplodere frammentandosi in mille balli sfrenati, come solo le vecchie fotografie di millenni fa (che poi sono solo due anni) sembrano poter raccontare, immortalando perduti ed arcadici istanti di assembramento/euforia/gioia genuina aggrappati alle transenne di parterre stracolmi di felicità, a ridosso di palchi sudati e felici?

Ecco, purtroppo certe cose sembrano essere ancora destinate a giacere sul fondo delle nostre memorie, in attesa di uno scoperchiamento del vaso di Pandora che porterà con sé traumi e rivoluzioni, frutti repressi di un biennio in cui la primavera sembra essere stata reclusa alle storie di Instagram e alle pose di artisti influencer, veloci ad adattare le proprie ambizioni a palchi virtuali e dichiarazioni di comodo.

Per fortuna, sotto pelle qualcosa freme per esplodere, in un’escrescenza di vitalità, rabbia e voglia di vita; perché questo è l’Orchestraccia, che – se qualcuno se lo fosse dimenticato – qualche settimana fa è tornata a ricordare a tutti quanto ci manca saltare sotto un palco, e quanto sia un dovere di tutti (un dovere civico, politico, morale) non abbandonare le vecchie sane abitudini, per non farci trovare impreparati dal ritorno della primavera. Perché sì, prima o poi la musica tornerà a sbocciare per le strade e per allora non dovremo esserci trasformati nelle ombre di noi stessi.

Quale titolo poteva essere più adatto di “Viva la follia”, dunque? Nelle trame combat-folk del nuovo inno dell’Orchestraccia si malcela la voglia di evasione e di “aggregazione” di un popolo in cerca di parole nuove, di nuovi spazi e di emozioni forti: urlare controvento, finché il mattino non torna ad illuminare la notte trasformando gli incubi di questo biennio in sogni coraggiosi, e i sogni in realtà. Impossibile non tenere il naso all’insù ascoltando il nuovo singolo della formazione romana, in cerca di quella stella che prima o poi ci condurrà fuori dalle tenebre – a passo di danza, rabbiosissima danza.

Godetevi il ritorno dell’Orchestraccia. E’ una manna per il cuore, per la testa e per quel torpore di cui parlavamo prima, dal quale le nostre gambe non vedono l’ora di liberarsi finalmente.