Abbiamo scoperto oggi Biagio e, purtroppo per noi, ci sta venendo una matta voglia di non liberarcene più.
Tocca dire purtroppo perché si sa, le cose belle alla lunga finiscono con lo stufare, ma peggio ancora sono quelle cose che non riesci a “categorizzare” né come belle, né come brutte perché banalmente giocano un campionato “altro”, difficile da etichettare al punto da renderci indecisi sul giudizio che possiamo dare attraverso il gusto. Ecco, quegli ascolti sono quelli che rimangono incastrati in testa, e finiscono con il non venire a noia perché ad ogni nuova riproduzione cangianti, e dotati di più strati – sì, proprio come la cipolla di Shrek.
Per esempio, al primo “play” di “Come farsi appendere con sette semplici canzoni” abbiamo pensato che Biagio volesse tirarci qualche scherzo, che insomma il cantautore napoletano stesse giocando con il nostro tempo, e con la nostra seria e dedita vocazione alla scoperta: in realtà, l’intuizione che potesse esservi qualcosa di ben più “serio” dietro le liriche disimpegnate (solo apparentemente) del disco cominciava già ad essere suggerita dalla cura per la produzione, a metà tra l’organico e l’onirico, curata da Stefanelli (artista napoletano e musicista di Blindur).
Ovviamente, è impossibile non trovarsi un sorriso stampato sulla faccia ad ogni nuova invettiva (contro l’amore che lo ha tradito, contro gli amici che si beffano di lui, contro sopratutto sé stesso) che Biagio strascica, con quella sua particolare intenzione nel cantato, ma qui sembra più che mai evidente che le risate, se ben congegnate ed intelligenti, possono “seppellire” qualsiasi cosa: dilemmi sociali ed etici si ricorrono fra le righe starnazzanti di un disco che fa di tutto per abbassare le aspettative sul contenuto di un concept riuscito, che racconta i drammi di una generazione in fuga da sé stessa che trova in Biagio uno dei suoi più ispirati alfieri.
Tracce come “Geeno” o “Celovuoi” (i due singoli estratti, con tanto di lisergici videoclip) sembrano già essere cult, ma è nelle nuove tracce inedite che Biagio si “spoglia” per mettersi alla mercé dello sguardo (e dell’orecchio) dell’ascoltatore, che finisce con il riconoscersi nello stesso amaro sorriso che rivolge all’ascolto della musica del cantautore, che quando scherza lo fa sul serio.