Sarà per una certa presa di coscienza che arriva con la maturità, sarà per quella spinta che molti hanno verso l’oscuro, in senso lato, fatto sta che molti artisti ad un certo punto della loro carriera si cimentano con l’analisi del proprio IO interiore, o a dirla in parole diverse, con quel “buio sconosciuto” che abita dentro di noi. Quella parte di noi che spesso fa paura, perché impossibile da vedere e difficile da decifrare. Quella parte di noi che, seppur interiore e celata, in realtà ha uno stretto legame con “il fuori”, con ciò che ci circonda e quindi con la società, il mondo che abitiamo. Perché se è vero che il nostro IO interiore è invisibile agli occhi, è anche vero che esiste e che, di conseguenza, influenza le nostre azioni e quindi il mondo, la storia tutta. I dellarabbia non fanno quindi eccezione, e come altri prima di loro si cimentano nella realizzazione di un disco, potremmo dire un concept, basato sulla notte, interiore ed esteriore insieme. Una notte lunga, come indica il titolo, forse infinita. Con un rock vintage ma non troppo, volutamente analogico e al contempo fresco e che ha il sapore del miglior revival italiano di fine ’90 e primo 2000, i dellarabbia confezionano un disco decisamente ben fatto, nel quale spiccano una produzione di altissimo livello, tecnicamente parlando, e testi profondi. Proprio il lavoro di penna è forse la parte più interessante e potente di questo lavoro, perché capace di insinuarsi nell’animo dell’ascoltatore così come nelle orecchie, lasciandolo, a fine ascolto, con interessanti spunti di riflessione sull’uomo e la società. Ulteriore punto a favore i tanti guest: Divi dei Ministri, Meganoidi, Andrea Rock, Vanilla Sky, Olly Riva. lunganotte merita di essere ascoltato, assimilato e capito.