Effetto Domino all’ora del té

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In occasione dell’uscita del suo ultimo singolo, abbiamo fatto qualche domanda a Domino, cantautrice dal potenziale evidente e in costante crescita.

Ciao Domino! Senti, passiamo dalle domande semplici: a cosa devi il tuo nome d’arte? Sono molte le “immagini mentali” che suscita leggerlo…

Ciao! È vero Domino è il mio nome d’arte, ma è anche lo stesso nome sulla carta d’identità quindi ha un pò una duplice valenza. Domino sono io ma è anche il mio personaggio ed ambedue sono dunque parti della stessa medaglia. Da sempre mi sono sentita artista e il fatto di avere questo nome in qualche modo mi ha “spinta” a sentirmici di più; ma il mio lato artistico è molto legato alla mia personalità, per cui in qualche modo l’una non può coesistere senza l’altra.

Come comincia il tuo percorso di musicista? Il tuo esordio, avvenuto solo nel 2021, sembra avere alle spalle una certa consapevolezza musicale…

Consapevolezza è una parola troppo grande, diciamo posso dire di aver iniziato a sperimentare con la musica da qualche anno. Non mi sento di potermi definire una musicista, la strada è ancora molto lunga e io sono appena agli inizi, però il percorso che ho intrapreso nel jazz al Saint Louis durato circa 5 anni mi ha dato molto e mi ha reso molto curiosa. Lo scrivere, l’essere autrice è arrivato dopo ed è iniziato per gioco, da una necessità che avevo di sfogarmi con me stessa come se la musica fosse il mio diario segreto, il mio punto di fuga dalla realtà. Così adesso continuo nella mia ricerca musicale e ogni giorno scopro qualcosa di più, sulla musica e su me stessa.

Qual’è il primo ricordo che Domino associa alle prime esperienze con la musica? La “polaroid” che hai impressa in mente di te alle prese con le sette (che poi sono tredici!) note?

È una domanda molto bella che mi riporta ad un momento altrettanto bello. In casa siamo tutti appassionati di musica, i miei genitori suonano e cantano per passione da sempre e abbiamo sempre avuto quale strumento in giro per il salone. Il mio primo approccio alla musica fu con mio fratello più piccolo quando per farlo addormentare avevo imparato a suonare delle piccole melodie al pianoforte oppure cantavo per lui. Credo che in generale lui sia il  motivo che mi spinge a fare musica tutti i giorni.

In “Liquido”, il linguaggio soul e r&b si sposa ad una ricerca prettamente autorale che alza il livello “poetico” del tutto. Da dove deve passare, secondo te, la rigenerazione di tutti i generi citati, per far sì che sopravvivano alla contemporaneità?

Eh, è una domanda molto complessa, io credo che ogni genere musicale sia legato indissolubilmente ad un’epoca piuttosto che un’altra. Nella mia visione il soul l’R&B sono entrambi molto intimi e ricercati dove bisogna stare in silenzio per ascoltare e gustarne a pieno la profondità. In una società frenetica come quella di oggi abbiamo bisogno di questa musica per poter staccare e dirci ” ok questo è il momento in cui PUOI fermarti”. Ed è anche un po questo ciò di cui tratta “Liquido”, di questa società un pò distopica  che in qualche modo sta sempre più perdendo il valore umano del sè e dunque tutto ciò che se ne deduce. Per tornare dunque alla tua domanda si sicuramente un genere può sopravvivere al tempo ma può sopravvivere nella misura in cui le necessità siano le medesime, in caso contrario può sopravvivere come emblema di una generazione e di un epoca.

In “Distratti”, invece, il mood si faceva più acustico (fino a sfociare nel rock) dimostrando la forte versatilità della tua vocalità – che pur non perde il piglio “urban” che contraddistingue la tua produzione sin dai primi passi. Quali sono gli ascolti che maggiormente hanno influenzato la tua crescita musicale?

I miei ascolti spaziano tantissimo a partire dai grandi come Bowie la Mirchell, Michele Jackson Billie Holiday ( che mi ha insegnato tanto sul fatto che non è importante quanto si è tecnici e precisi vocalmente, quanto invece è importante ciò che si trasmette quando si canta) o anche Lucio Dalla o Fabrizio De André, apprezzo e ascolto tantissimo anche cantautori moderni come Calcutta o Bianconi o Aurora. Di certo le mie influenze soul arrivano da Jorja Smith, Jill Scott Aretha Franklin, Robert Glasper. Amo tantissimo anche la musica strumentale soprattutto il jazz moderno come quello ad esempio di Tigran Hamasyan, dal quale ho imparato tanto per tutto ciò che riguarda il fraseggio contemporaneo.

Arriviamo così al presente. Tre singoli differenti: esiste un filo rosso capace di collegare le parti, e le uscite fin qui pubblicate?

Si sicuramente un filo rosso lo posso definire nella mia esperienza personale dell’ultimo anno e mezzo, nel quale sono successe tantissime cose che mi hanno colpita tanto e fatta crescere come la pandemia un cambio di nazione una laurea un nuovo lavoro un nuovo ep in uscita. Tutti questi cambiamenti mi hanno portato a riflettere molto e a cercare di trovare un senso e una risposta a tante domande e tante insicurezze che hanno preso forma in questi brani .

Raccontaci qualcosa che non possiamo intuire né sapere della tua ultima pubblicazione.

Il mio ultimo singolo “L’ora del tè” è appunto uscito lo scorso venerdì 17.12 ed certamente il brano che forse più mi appartiene per tanti motivi. È un brano che mi ha cambiato la vita, ci ho messo una giornata a scriverlo ad arrangiarlo, ed un altra per registrarlo, ma in qualche modo grazie a questo brano ho iniziato a trovare la mia stabilità, dopo questo brano è arrivata la decisione di trasferirmi a Berlino, dove vivo adesso, ed ho iniziato a trovare la sicurezza per portare avanti questo progetto.

Senti, e dal vivo? Quando ti potremo vedere?

Il prossimo concerto sarà a Terni il prossimo 22.12 presso il FAT – Art Club. Adesso stiamo pianificando moltissimi concetti per il mese di febbraio. Tutti gli aggiornamenti saranno sulle mie pagine social Instagram e Facebook.

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