In occasione dell’uscita del loro ultimo singolo, dal titolo “Falchi”, abbiamo fatto qualche domanda alla band ligure Moca, in forza nel roster de La Clinica Dischi. Su pappagalli, falchi e zanzariere che paiono galere…
Ciao Moca! Domanda spaccaghiaccio, alla luce dell’ascolto del vostro ultimo singolo per La Clinica Dischi, “Falchi”: vi sentite più dalla parte del falco o del pappagallo?
Sempre dalla parte del pappagallo, non volerà alto nel cielo, ma riesce a strapparti un sorriso. Oltre tutto il pappagallo che si è gentilmente prestato come immagine di copertina è del nostro chitarrista e ormai è diventato la nostra mascotte.
Tre cose che per i Moca contano per davvero.
Musica live, divertimento, compagnia.
Alle spalle, avete un percorso breve ma intenso; una manciata di singoli giusti ad anticipare “Oplà vol. 1”, il vostro disco d’esordio. Nel mezzo, il boom di “Relazionatore” e “Bailamme”. Che rapporto avete con il vostro passato, e con le cose belle fatte fin qui? C’è qualche artista che non ama particolarmente essere legato solo alle hit che gli hanno portato fortuna e attenzione…
Il nostro passato in quando “passato” non è sicuramente dove vogliamo identificarci, ma continua ad essere una parte di noi e lo sarà per sempre. A noi piace pensarci come un essere in perenne mutamento, un eterno divenire in senso artistico. Non alla ricerca spasmodica del sound giusto o perfetto, ma alla ricerca di nuovi spunti e sperimentazioni.
“Falchi”, eccoci arrivati. Ci raccontate un po’ il brano? Come si sviluppa la scrittura di un pezzo dei Moca?
Ogni pezzo ha una sua storia, ma per “Falchi” si potrebbe dire che le storie sono almeno due. Il nostro ultimo singolo nasce dall’unione di due pezzi diversi, su cui lavoravamo da settimane, ma che ancora non ci convincevano al 100%. Per risolvere la questione abbiamo deciso di vederci una sera, a casa del nostro cantante e accompagnati da del vino e una chitarra abbiamo provato, quasi per scherzo, a unire i due brani. A tutto ciò aggiungete un po’ di magia aggiunta dal nostro produttore e potete capire com’è nato “Falchi”.
Il vostro team, tra l’altro, ricopre tutte le fasi del lancio musicale di un progetto, dalla produzione alla comunicaizone. La Clinica Dischi è una realtà in crescita, che pare però voler rimanere indipendente “autogestendosi”. Ci raccontate un po’ il rapporto che avete con la squadra e come si sviluppa, nei laboratori dell’etichetta spezzina, la nascita di un brano?
Per noi andare a registrare nello studio de La Clinica Dischi è un po’ come entrare in casa, certo manteniamo il livello di professionalità che il momento di registrazione richiede, ma il rapporto che abbiamo con i ragazzi delle Clinica è quello di vera amicizia. Solitamente arriviamo in studio con un’idea abbozzata, un testo definito, qualche chicca inserita qua e là e a seconda delle necessità ripensiamo parti dei brani o semplicemente le abbelliamo. Poi c’è la parte di lavoro del nostro produttore, che rende tutto magico e fa suonare i nostri pezzi come li potete ascoltare tutti voi!
Cosa vuol dire per voi, oggi, essere indipendenti.
Per noi essere indipendenti è sempre significato cercare di concretizzare idee. Questo possono nascere da una o più persone, ma successivamente vanno filtrate all’interno della testa degli altri membri del gruppo e del nostro produttore. Forse non è molto poetico, però si potrebbe definire un buon modo per lavorare di squadra.