CABRUJA presenta il nuovo singolo tratto dall’album CABRUJA
“La Corazonada” è una canzone molto personale, legata strettamente a Cabruja e al suo vissuto, ma condivisa con milioni di altre persone. Riprendendo le canzoni e le sonorità della vecchia Caracas, città natale del cantante, Cabruja desidera, più che raccontare, esprimere da un punto di vista emotivo cosa vuol dire crescere e vivere in una delle città più violente e pericolose al mondo.
Con un tasso di circa 100 omicidi all’anno per ogni 100mila abitanti, la paura e la paranoia sono sensazioni quotidiane tra i cittadini. “La Corazonada” è una specie di sentore che viene dal cuore, il presentimento che qualcosa di terribile sta per accadere, una sensazione sempre presente. Per Cabruja, vivere con questa costante percezione di pericolo è già morire.
Il testo del brano fa diversi riferimenti alla città: Caracas, che veniva chiamata “la de los techos rojos” – la (città) dei tetti rossi, è situata in una valle con un clima primaverile durante tutto l’anno, ma con un carattere tropicale molto esuberante, che si riflette anche sulla personalità di chi ci abita. Il contrasto tra questi elementi paradisiaci con la terribile realtà vissuta attualmente manifesta la nostalgia di una città che non sarà mai la stessa. Cabruja, come tanti altri caraqueños espatriati, vive la lontananza da casa non come una dolce malinconia, ma come un severo lutto.
L’intervista
Parlaci del tuo ultimo lavoro.
Per adesso l’unico lavoro che c’è “là fuori” è il disco uscito l’anno scorso… ma questo mese esce il terzo singolo “La Corazonada”, che è un brano inedito scritto insieme a Giancarlo Di Maria. Ê in lingua spagnola perché parla fondamentalmente della mia città, Caracas. Ho voluto riprendere le canzoni della Caracas de ayer, quelle che ascoltava la nonna, ma con un testo più drammatico che intende esprimere cosa si prova a vivere in una delle città più pericolose al mondo.
Come definiresti con quattro aggettivi la tua musica?
Cupa, eclettica, cinematografica e … lagnosa. Mi piacciono le lagne.
Chi ha curato gli arrangiamenti dei brani in cui non ci sono guest come Di Maria? Sono bellissimi
Giancarlo Di Maria ha fatto gli arrangiamenti di tutti i brani eccetto All Mine, arrangiato da Cristiano Alberghini, e Alfonsina y el Mar, che è stato un lavoro del maestro Denis Biancucci, il nostro pianista residente.
Tra Bjork Lamb e Portishead ti sei avvicinato a un mondo trip hop/ elettronico che però reinterpreti in maniera molto personale
Sono nato nel 1979. Ho vissuto la mia adolescenza, un periodo fondamentale della nostra vita, durante gli anni 90. La mia formazione (informale) musicale è per forza quella. C’è quel tormentone di qualche anno fa delle Icona Pop che ad un certo punto dice “You’re from the ’70s, but I’m a ’90s bitch”. Hanno sbagliato tutto: la 90’s bitch sono io, che sono nato negli anni 70.
Mi racconti invece la tua visione dei brani che hai scelto dalla tradizione sudamericana?
Mi Querencia fa parte del “cancionero” tradizionale venezuelano. Simón Díaz, autore della canzone, era chiamato da tutti “Tío Simón” (Lo Zio Simón). È una celebrazione della nostra terra Venezuela, ed è stata inserita anche per contrastare la cupezza e il dolore della Corazonada. Era necessario per me fare pace con le mie origini.
Alfonsina y el mar invece è stata proposta da Denis, ed è stato come sfondare una porta aperta. È un brano argentino che parla della dignità che c’è nel scegliere cosa farne della propria vita, quando non la vuoi vivere più. È l’accoppiata latina di Gloomy Sunday, in quanto a che entrambe le canzoni parlano di suicidio. È una canzone di una bellezza straordinaria e spero davvero di essere stato all’altezza.
Il fulcro dell’album, mi sembra di capire che sia avvicinarsi a brani cantati da donne e mettersi in gioco con la tua bellissima voce…
Intanto grazie per i complimenti.
È sicuramente un elemento importante. Sono cresciuto tra donne; la presenza maschile in famiglia era poca, ma la società in cui vivevo era, e probabilmente lo è ancora, molto maschilista, cosa che ho sempre patito. L’espressione della femminilità da parte di un bambino, poi ragazzo, non era sicuramente ben vista e sin da piccolo mi era stato detto di stare attento a non usare certe parole, espressioni, mannerismi, “non sarai mica maricón”. Forse la conseguenza naturale è stata gravitare verso queste voci femminili, che negli anni 90 hanno avuto un boom (Bjork, Tori Amos, PJ Harvey, tante altre, comprese le Spice Girls) e che hanno dato sfogo a questi aspetti femminili. Si trovano sempre delle scorciatoie quando la società pretende di negarti la possibilità di vivere a pieno chi sei. Meno male tante cose sono cambiate e continuano a cambiare, non solo per me ma per chi è venuto e verrà dopo. Lavoro in un liceo, lo vedo tutti i giorni come l’approccio dei ragazzi e le ragazze sia molto più sereno.
Parlami di come è vivere a Genova per un venezuelano?
Sono nato e cresciuto in una valle, circondato da montagne e colline, anche se gran parte sono ricoperte di “favelas”. Noi di Caracas siamo caraibici, nonostante ci sia una montagna bellissima, El Avila, tra noi e il mare. Ecco, a Genova vivo tra le montagne e il mare, che finalmente vedo. Tanti trovano che Genova sia claustrofobica e un po’ è vero, ma a me da un senso di protezione, di essere raccolto. Se passo troppo tempo in pianura, senza montagne in vista, mi viene un po’ d’ansia.
Genova è una città durissima comunque, ed è vero che il genovese è diffidente e chiuso. Ma io parlo anche con i muri, e prima o poi i muri ti rispondono, pure quelli genovesi. Ho conosciuto tante persone meravigliose in questa città e loro sono diventati i mattoni con cui ho costruito casa mia.
Cosa ne pensi della scena musicale italiana e dei media musicali del nostro paese?
Confesso che ascolto più musica in inglese che in italiano, ma sto conoscendo la scena musicale italiana attuale grazie ai miei studenti e devo dire che alcune cose mi piacciono veramente. Ultimamente ascolto iosonouncane, che ho trovato interessantissimo e bravo. Io cerco sempre spunti, ispirazioni… e quello che fa risuona molto in me.
Progetti per il futuro?
L’idea è produrre nuovi brani inediti, esplorare anche la lingua italiana come veicolo per i miei testi. Di concreto invece c’è già uno spettacolo prodotto dal Teatro Borgatti di Cento, in prov. Di Ferrara, in cui si collabora con la compagnia di danza Agora Coaching Project di Michele Merola. È già in cartellone e la prima sarà il 12 aprile 2023. Cabruja diventa anche movimento!