A tu per tu con Artù

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In occasione dell’uscita del suo ultimo singolo “Astronave”, abbiamo fatto qualche domanda ad Artù, cantautore già noto a chi conosce e frequenta la scena indipendente.

Ciao Artù! Nuovo brano per te, ad inaugurare un 2022 che speriamo possa alleggerirci un po’ il cuore (anche se la vediamo dura…). Descrivi in tre parole il 2021, e usa lo stesso numero di termini per dirci quello che ti aspetti da questo nuovo anno.

Cambiamento, rinascita, guardarsi dentro, conoscere se stessi. Dal nuovo anno mi aspetto una presa di coscienza da parte di tutti.

Il tuo nome d’arte è interessante, regale! Ma qual’è la genesi del tuo avatar musicale?

Sono io l’Avatar di Artù! Ahahahaa! Artù è la conseguenza di Semola, così mi chiamavano da bambino. Chi conosce “La spada nella roccia” sa di cosa parlo.

Alle spalle, una discografia di tutto rispetto con una gavetta importante che ti ha portato a farti crescere il rinomato “pelo” sullo stomaco. Qual’è l’esperienza che più porti nel cuore?

Il Primo Maggio a Roma. Cosa posso dirti… INCREDIBILE!

Come si è avvicinato alla musica, Artù?

Mio padre da ragazzo suonava. Quando avevo nove anni abbiamo trovato una sua chitarra a casa di mia nonna. Non l’ho più lasciata.

E qual’è la tua più grande paura?

La vita.

“Astronave”, andiamo al dunque. Ci racconti un po’ il brano? Ricordi il momento in cui l’hai scritto? Dicci qualcosa che non troviamo nel testo, ma che solo tu sai e ti va di raccontare ai nostri lettori.

Mentre scrivevo “Astronave” stavo con la chitarra e guardavo il cielo. In Realtà lo guardo spesso. Era questa estate e l’aria era stranamente fresca di erba bagnata. Ho immaginato di vedere un’astronave avvicinarsi. O forse l’ho vista davvero.

Tra l’altro, pare che del brano uscirà anche un video… ti va di darci qualche spoiler?

Più che un video è una raccolta di immagini. Cartoline dallo spazio profondo.

Salutiamoci con un detto delle tue parti che ben si adatta al momento che stiamo vivendo.

Chi c’ha er pane nun c’ha I denti. E chi c’ha I denti nun c’ha er pane.